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Il Pd senza potere accusa il governo perché fa le nomine. La replica: "Ridicoli"

I democratici attaccano Meloni ma sono senza memoria: la legge sullo "spoils system" portala firma di Bassanini e fu varata sotto Prodi. Il centrodestra: "Proteste insensate"

Il Pd senza potere accusa il governo perché fa le nomine. La replica: "Ridicoli"

Lo slogan è aggressivo: «lottizzazione selvaggia». La denuncia è pesante: «Le mani della destra su palazzi e poltrone», tutto stampatello e sormontato dalla foto di una Meloni con faccetta compunta e labbra serrate, sullo sfondo di Palazzo Chigi. Il Pd si ferma a un millimetro dalla riedizione della propaganda contro i «forchettoni» della Democrazia Cristiana, nella feroce campagna elettorale del 1953, con la quale il Pci rivendicava «l'onestà» (propria, ovviamente) contro «la corruzione» (altrui). Stavolta nel mirino ci sono le prime nomi del governo Meloni, che sembra intenzionato a usare il «machete» (copyright Guido Crosetto) contro le cariche apicali della pubblica amministrazione scelte dai governi passati: «Stiamo assistendo a un vero assalto all'amministrazione dello Stato - tuonano i vertici dem -. Professionisti ed esperti che hanno lavorato al servizio dei cittadini sostituiti da fedelissimi del capo di turno, scelti solo secondo logiche di obbedienza», con «buona pace del merito».

Il particolare su cui il Pd (coadiuvato nella sua denuncia da testate come Repubblica, che ieri titolava a tutta pagina «Meloni pigliatutto», e persino da qualche esponente della Cei) sorvola, è che la legge che prevede per ogni governo in carica la possibilità, entro 90 giorni dal voto di fiducia, di sostituire i dirigenti chiave di enti e ministeri, porta un autorevole firma di centrosinistra: quello di Franco Bassanini. Il cosiddetto «spoils system» venne introdotto infatti dal governo Prodi alla fine degli anni 90. E ogni esecutivo, da allora, la ha applicata, inclusi ovviamente quelli con la partecipazione del Pd. Così, è del tutto legittimo criticare la sostituzione del commissario alle aree terremotate Giovanni Legnini con un senatore di FdI come Guido Castelli. Ma è complicato farlo gridando alla «nomina politica» e alla «lottizzazione», visto che anche Legnini era un parlamentare Pd. «Lo spoils system applicato dal governo alla gestione del post-terremoto è una pessima scelta», denuncia Enrico Letta. Che fa bene a difendere l'operato di un esponente del proprio partito, ma difficilmente può negare che anche quella fu una scelta assai «politica». Così come è ovviamente criticabile la rimozione di Andrea Magrini alla guida di Aifa, decisa dal neo-ministro della Sanità, ma sempre di nomina politica si tratta. E saranno facilmente rintuzzabili le critiche dei 5Stelle alla sostituzione di personaggi come Tridico (Inps, in scadenza a maggio) o Minenna (Dogane), scelti da Giuseppe Conte nella sua inebriante stagione a Palazzo Chigi perché schierati con il proprio partito. Minenna, per dire, fu focosamente sostenuto dall'allora presidente 5s della Commissione Finanze Carla Ruocco, che lo voleva addittura alla Consob, nonché dall'ex senatore Lannutti (rimasto celebre per i proclami antisemiti sui Savi di Sion).

«È comprensibile che un nuovo governo voglia avvalersi di collaboratori di propria fiducia», dice Maurizio Gasparri di Fi, «è un ricambio previsto dalle norme», e «gli ululati del centrosinistra sono ridicoli». Più delicata, fanno notare in molti, la ventilata sostituzione di figure chiave per la gestione dei conti italiani e dei rapporti con la Ue come il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. Sostituzione che vedrebbe contrario per primo proprio il ministro dell'Economia scelto da Meloni, Giancarlo Giorgetti, consapevole di quanto sia fondamentale per l'esecutivo avere in quella postazione chiave chi ha il know-how e la credibilità per gestire i rapporti con i partner internazionali. «Le scelte del governo rispondono al desiderio legittimo di avere vertici di assoluta fiducia - si chiede allarmato l'esponente di Azione Osvaldo Napoli - o si stanno predisponendo le munizioni per aprire un conflitto a tutto campo con le istituzioni Ue?». Le tensioni interne tra Giorgetti e Meloni, su questo fronte, sono insistentemente trapelate nelle ultime ore.

E non è passato inosservato, ai funerali di Benedetto XVI, il conciliabolo tra il titolare dell'Economia e l'illustre predecessore di Meloni, Mario Draghi.

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