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Perché quella della Meloni sull'Ucraina non è una scelta dell'ultim'ora

La scelta filo-Ucraina di Giorgia Meloni ha origini antiche e non ha a che fare con tatticismi politico-strategici

Perché quella della Meloni sull'Ucraina non è una scelta dell'ultim'ora

No, non è vero che Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia hanno operato una svolta ideologica sull'Ucraina: è almeno dal 2014 che quel mondo va ripetendo le stesse cose sul punto.

Molte disamine, in questi tempi così complessi e riecheggianti il secolo breve, si soffermano su un presunto cambiamento di paradigma della destra italiana in merito al rapporto con le mire espansionistiche di Vladimir Putin. Esiste più di qualche prova in grado di smentire ricostruzioni che rischiano d'essere fallaci.

Un articolo del marzo 2014 del senatore di Fdi Giovan Battista Fazzolari, per dire - una rilfessione pubblicata su Area da un meloniano doc - rimarcava le "buone ragioni" degli ucraini per "avercela con i russi". La domanda posta riguardava non tanto la parte in cui abitasse "la ragione", quanto le "conseguenze geopolitiche di un esplitico posizionamento dell'Ucraina nell'area Nato".

Nell'analisi di Fazzolari, insomma, non c'era il presunto e sbandierato filo-russismo che oggi viene appiccicato (è un tentativo malriuscito) alla Meloni ed ai suoi da alcuni commentatori. Semmai ci si chiedeva come dovesse agire l'Europa per evitare il pendio scivoloso. Quello che sembra essere stato intrapreso.

Stefano Folli parla oggi su Repubblica di "scelta filo-occidentale" della Meloni. Quasi come se Fdi avesse deciso adesso per chi "simpatizzare" in relazione al conflitto. In realtà, che la destra italiana stia dalla parte dei popoli che si ribellano alle invasioni e che rivendicano il diritto di autodeterminarsi è del tutto consueto: è valso per Praga, per Budapest e per Tbilisi. Normale, quindi, che la medesima posizione venga assunta su Kiev sulla resistenza di Zelensky. Sarebbe stato strano il contrario, a pensarci bene e ripercorrendo in breve le posizioni assunte su casi simili, per quanto diversi, a quello russo-ucraino.

Ma il clima mediatico attorno alla Meloni, per quel che riguarda la narrativa dei progressisti, è quel che è. Qualche giorno fa, Repubblica ha scambiato Dan Schneider, l'esponente repubblicano presente al Cpac (la convention statunitense cui si è recato anche quest'anno il vertice di Fdi), con un altro Dan Schneider, attore, produttore tv e persona accusata di molestie sessuali (peraltro "respinte") da alcune sue collaboratrici. L'altro Schneider, quello che era alla kermesse dei conservatori, è stato il direttore esecutivo dell'Unione conservatrice americana. E così viene spontaneo non soffermarsi sul perché si possa leggere di come la Meloni avrebbe intimato ai suoi di non prendere posizioni putiniane.

Comunque sia, sull'Ucraina - come afferma al Giornale.it l'onorevole Andrea Delmastro Dellevedove - la questione per Fdi è semplice e chiara: "Il 24 febbraio è stata una data spartiacque. L'attacco unilaterale della Russia ha posto fine ad una discussione se stare con le democrazie occidentali e la sovranità oppure da un'altra parte.

Non potevamo che stare dalla parte delle democrazie occidentali".

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