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Pnrr, bollette e debito: ecco i nodi irrisolti che "bloccano" Draghi

Nel 2022 il Recovery impone 100 obiettivi. E i mercati temono l'instabilità del governo

Pnrr, bollette e debito: ecco i nodi irrisolti che "bloccano" Draghi

La partita per il Quirinale che si apre oggi ha un non secondario risvolto di natura economica. L'elezione del presidente della Repubblica, infatti, potrebbe mettere a rischio la continuità delle politiche del governo che quest'anno dovrà raggiungere una serie di obiettivi la cui attuazione è imprescindibile per i mercati internazionali.

La principale preoccupazione degli analisti, esplicitata in un recente report di Barclays e in alcuni commenti del Wall Street Journal e del Financial Times, è che un eventuale trasloco del premier Draghi sul colle più alto o l'instabilità conseguente all'elezione del capo dello Stato possano spegnere la fiamma delle riforme. Nel 2022, infatti, l'Italia dovrà portare a termine 102 obiettivi del Pnrr di cui 66 sono costituiti da riforme delle quali 23 presuppongono l'approvazione di un atto legislativo. Raggiungere questi target comporterà l'ottenimento dei 40 miliardi che Next Generation Eu dovrebbe assegnarci quest'anno. Oltre al completamento della legge sulla concorrenza 2021 (ferma al Senato) e dell'ultimo modulo della delega fiscale (bloccato alla Camera), i «compiti» da svolgere riguardano l'aggiornamento della normativa sugli appalti, il sistema dell'istruzione nonché un avvio di spending review oltre all'aggiudicazione delle gare per alcune infrastrutture chiave come la Napoli-Bari, la Palermo-Catania e la piattaforma di cloud nazionale.

I finanziamenti e i prestiti europei sono imprescindibili per un Paese che quest'anno dovrà cominciare a disegnare una credibile di traiettoria di riduzione del debito che a fine 2002 è atteso sotto il 150% del Pil. E questa «correzione» andrà programmata in un contesto macroeconomico poco favorevole come quello attuale. L'inflazione galoppa al 3,9% annuo e minaccia di avvicinarsi alla media Ue del 5%, una soglia d'allarme che potrebbe convincere la Banca centrale europea ad adottare una politica monetaria restrittiva. Un rialzo dei tassi potrebbe spingere all'insù lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi che già è a quota 140, un livello d'allarme. Su 2.700 miliardi di debito pubblico ogni punto percentuale in più di rendimenti produce tra i 4 e i 5 miliardi di maggiore spesa per interessi.

Ecco perché i mercati sono preoccupati per l'evoluzione della trama del «Romanzo Quirinale». La formazione di un nuovo esecutivo - nel caso in cui Draghi diventasse presidente della Repubblica - potrebbe generare instabilità in un momento particolarmente delicato per le finanze dello Stato. Nella nota di aggiornamento al Def dello scorso settembre, infatti, il governo ha stimato per quest'anno una crescita del Pil del 4,7% ma - come osservato dal Centro studi Confindustria - l'incremento dei prezzi al consumo causato dai rincari di energia e materie prime potrebbe «mangiarsi» uno 0,8% di prodotto interno lordo.

L'instabilità politica e il deterioramento delle condizioni macroeconomiche, ove la situazione attuale persistesse, potrebbero rallentare due percorsi di riforma fondamentali. Il primo riguarda le pensioni con il governo intenzionato a flessibilizzare le uscite con l'applicazione (almeno parziale) del sistema contributivo per ridurre gli esborsi. Il secondo attiene alla contrattazione, argomento di forte tensione fra esecutivo e sindacati contrari al salario minimo e favorevoli a un'universalizzazione dei rapporti a tempo indeterminato.

Un cambio di esecutivo riporterebbe allo stadio iniziale un confronto che sta procedendo speditamente.

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