Da bersaglio a bersaglio. Il cortocircuito dei social con una miriade di commenti, messaggi d'affetto, insinuazioni e insulti (tanti), ha finito per piegarla. «Sono stanca, mi state portando alla morte» ha scritto ieri su Instagram la 19enne vittima del branco a Palermo. «Non ho più voglia di lottare, né per me, né per altri. Non posso aiutare nessuno se sto così». C'era da aspettarselo, sarebbe successo a chiunque. Giovanissima, la vita già spezzata da una violenza brutale, ha deciso di esporsi nuovamente a ogni genere di commento. E oggi è sfinita. «Non serve a nulla continuare, pensavo di farcela ma non è così. Se riesco a farla finita continua - porterò tutti quelli che volevano aiutarmi sempre nel mio cuore». Queste parole sono la risposta all'ennesimo commento di cerca di dare la colpa a lei, sulla scia del «se l'è cercata». Nella gogna dei social, infatti, lei per qualcuno quella sera a Palermo, il 7 luglio scorso, era anche «consenziente e poi quando non ce la faceva più ha detto basta, loro hanno continuato». La stessa versione che i sette indagati hanno tentato di sostenere davanti al giudice. Le telecamere quella sera hanno inquadrato una scena del tutto diversa: ci sono due che la sorreggono lei è ubriaca e altri cinque che la circondano. Il gruppo, con lei che non riesce neanche a camminare autonomamente, si avvia verso un'area isolata del Foro Italico. Qui avviene la violenza, descritta perfettamente nella sua brutalità da uno degli stessi indagati, intercettato: «Eravamo cento cani sopra una gatta». La scena viene persino filmata per 20 minuti da uno di loro, il 23enne Angelo Flores, l'amico incontrato quella sera alla Vucciria, vivace zona di movida di Palermo. Già nei giorni scorsi la ragazza si era difesa da sola, nell'arena dei social dove tutti parlavano di lei. «Chiudetevi la boccuccia... Piuttosto che giudicare una ragazza stuprata». Mentre il suo profilo era preso d'assalto, anche da chi voleva semplicemente manifestarle solidarietà, la 19enne ha postato diverse storie su Instagram. Cercando di ribadire, ancora una volta, la propria versione dei fatti. «Non lo dico per me (...) più che altro se andate a scrivere a ragazze a cui succedono cose come me e fanno post come me potrebbero ammazzarsi», si era sfogata la 19enne. E anche: «Sapete che significa suicidio?». Sulla vicenda è intervenuto nuovamente il Garante per la protezione dei dati personali, che ha avviato un'istruttoria nei confronti dei siti che hanno diffuso le generalità della vittima e riservandosi di adottare provvedimenti e di informare l'autorità giudiziaria. Nell'inchiesta sulla violenza, tre indagati, Christian Maronia, Elio Arnao e Samuele La Grassa sono stati arrestati a distanza di 20 giorni dai fatti. Per Maronia è attesa oggi l'udienza davanti al Tribunale del Riesame che dovrà decidere sull'istanza di scarcerazione. Venerdì prossimo, sempre al Riesame, è fissata l'udienza per Arnao. Non è stato stabilito ancora quando i giudici si pronunceranno sulla richiesta di revoca del carcere di Samuele La Grassa. Grazie alla denuncia della ragazza, poco dopo lo stupro, erano stati arrestati altri quattro ragazzi: oltre a Flores, anche Christian Barone e Gabriele Di Trapani, era stato arrestato un minorenne.
Quest'ultimo, che era stato scarcerato dal gip e affidato in comunità, è stato riarrestato nei giorni scorsi dopo avere inviato dei messaggi (e postato dei video, anche se potrebbero infine rivelarsi dei fake) che mostravano l'assoluta mancanza di pentimento.
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