Al terzo vertice di maggioranza al Senato arriva il sì all'unanimità degli emendamenti che devono essere presentati entro lunedì. Manca solo il via libera dei leader, anche se nella riunione ci sono stati momenti di tensione tra rappresentanti di FdI e di Lega.
Il ministro azzurro per le Riforme istituzionali, Elisabetta Casellati, esce poco prima delle 14 dall'incontro durato un'ora e mezzo dicendo: «C'è la bozza di un accordo che ora sottoporremo ai leader. Abbiamo compiuto un passo avanti». Ma il ministro per i rapporti col Parlamento, Luca Ciriani di FdI, avverte che «l'ultima parola spetterà a Meloni».
Dentro, filtra verso sera, ha avuto uno scontro con il capogruppo leghista Massimiliano Romeo, sul nodo più difficile da sciogliere, quello della norma anti-ribaltone e del secondo premier della stessa maggioranza quando il primo fallisce, e si vuole evitare il voto. Punto al quale tiene la Lega. Nel nuovo testo si lascia all'eletto il potere di chiedere lo scioglimento prima previsto solo per il successore e vengono ristrette a casi eccezionali (morte, malattia o altro impedimento, decadenza del primo capo del governo) le possibilità del premier bis. Il ministro Ciriani ha insistito sul fatto che il premier eletto possa dimettersi e chiedere il voto solo in caso di «revoca della fiducia mediante mozione motivata da parte di una delle due Camere», non per un semplice incidente parlamentare se il governo non ottiene la fiducia su un provvedimento. Rimangono i sospetti tra i due alleati: FdI teme che i leghisti mettano i bastoni tra le ruote della «madre delle riforme», cara a Giorgia Meloni che vorrebbe una prima approvazione prima delle europee e lo stesso pensano nel Carroccio sulla riforma dell'Autonomia, già in marcia in parlamento e per loro prioritaria. In questo equilibrio si legge anche la dichiarazione del leader di Forza Italia, Antonio Tajani: «Sul premierato si è raggiunto un punto di incontro importante, positivo, ma per noi c'è un'altra riforma altrettanto importante che è quella della giustizia, che non è impantanata, ma bisogna portare avanti». Il vicepremier e ministro degli Esteri parla della riforma costituzionale per la separazione delle carriere, antica battaglia degli azzurri. «Autonomia, premierato e giustizia sono le tre punte delle riforme, credo che tutta la coalizione sia d'accordo».
Nel testo corretto della riforma costituzionale per l'elezione diretta del capo del governo approvata il 3 novembre dal Consiglio dei ministri, c'è poi il limite di due mandati consecutivi al premier, come per sindaci e governatori, con la previsione di un terzo solo se all'inizio si è fatta meno della metà della legislatura. Nella Carta sarà previsto un premio di maggioranza, ma la percentuale (il 55% nel primo testo), verrà fissata dalla legge elettorale, con la soglia minima per l'elezione. Non si parla esplicitamente di turno unico delle elezioni, dunque ci potranno essere i ballottaggi. Infine, il premier avrà oltre al potere di proporre al Quirinale la nomina dei ministri anche quello di chiederne la revoca.
Correzioni pretese da diversi
costituzionalisti e Maurizio Gasparri, capogruppo azzurro, sbuffa: «Grande insofferenza verso i professori che non si accorgono della costituzione materiale, l'elezione diretta del premier c'è dal 94 e l'ha introdotta Berlusconi».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.