Prigionieri e dollari, intesa Usa-Iran

Washington libera 5 iraniani e sblocca 6 miliardi, Teheran rilascia 5 cittadini americani

Prigionieri e dollari, intesa Usa-Iran
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Via allo scambio di prigionieri tra Washington e Teheran e, nel quadro dell'accordo raggiunto ad agosto dopo un anno di trattative, gli Stati Uniti hanno trasferito su un conto in Qatar 6 miliardi di dollari di fondi iraniani, fino ad ora congelati in Corea del Sud in base alle sanzioni internazionali contro la Repubblica Islamica. Poco dopo lo scambio, tuttavia, Joe Biden ha assicurato: «Continueremo a imporre costi all'Iran per le sue azioni provocatorie nella regione», spiegando di aver sanzionato l'ex presidente Mahmud Ahmadinejad e il ministero dell'Intelligence. L'annuncio è arrivato mentre l'inquilino della Casa Bianca e il collega di Teheran Ebrahim Raisi sono a New York, dove oggi parlano all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

I cinque americani detenuti in Iran (alcuni dei quali erano da anni chiusi nella prigione di Evin, uno dei centri di detenzione più famosi del paese) sono decollati dall'aeroporto di Teheran ieri mattina verso Doha e dopo un breve controllo medico erano pronti a imbarcarsi verso Washington su un aereo del governo Usa. In cambio della libertà di Siamak Namazi, Emad Sharghi, Morad Tahbaz e altri due americani i cui nomi non sono stati rivelati - uno è uno scienziato e un altro è un imprenditore - tutti accusati di spionaggio, due dei cinque cittadini iraniani che gli Stati Uniti hanno acconsentito a rilasciare, Mehrdad Moein Ansari e Reza Sarhangpour, sono arrivati nella capitale del Qatar. Altri tre iraniani hanno rifiutato di tornare nel loro paese, secondo quanto rivelato da funzionari statunitensi. Anche la madre di Namazi e la moglie di Tahbaz erano sull'aereo: entrambe le donne sono americane e il governo locale aveva precedentemente impedito loro di lasciare l'Iran.

«Ricongiungere gli americani ingiustamente detenuti con i loro cari è stata una priorità per la mia amministrazione fin dal primo giorno», ha assicurato Biden. Nell'ambito dell'accordo, gli Usa hanno trasferito 6 miliardi di dollari di proventi petroliferi iraniani: il presidente della Banca centrale di Teheran, Mohammad-Reza Farzin, ha affermato che i fondi sono stati depositati in sei conti iraniani in banche del Qatar, precisando che lo scorso 23 agosto il denaro era stato depositato in banche svizzere per essere convertito in euro. Alti funzionari dell'amministrazione Biden hanno ribadito che lo scambio di prigionieri tra Stati Uniti e Iran non cambia il rapporto con il regime di Teheran, ribadendo l'impegno a evitare che «possa acquisire l'arma nucleare». Inoltre, hanno affermato che le sanzioni finanziarie e un rigoroso monitoraggio impediranno all'Iran di spendere i soldi per qualsiasi cosa che non sia cibo, medicine e altri beni umanitari. In realtà, Raisi ha già contestato la limitazione: «Questo denaro appartiene al popolo e al governo iraniano, quindi sarà la Repubblica Islamica a decidere come utilizzarlo. Umanitario significa tutto ciò di cui il nostro popolo ha bisogno».

Da settimane, i termini dell'intesa hanno scatenato dure critiche da parte dei repubblicani nel Congresso Usa, i quali si sono detti contrari a qualsiasi accordo che implicasse lo scongelamento di fondi iraniani, e hanno accusato il presidente Biden di contribuire a finanziare le attività terroristiche di Teheran in tutto il mondo. «I leader iraniani prenderanno i soldi e scapperanno», ha scritto su X la settimana scorsa il senatore repubblicano dell'Arkansas Tom Cotton. I funzionari americani hanno replicato che l'intesa era l'unico modo per ottenere il rilascio dei cinque statunitensi.

E alla domanda se l'accordo sui prigionieri potrebbe portare a colloqui produttivi sul fronte del nucleare, hanno spiegato: «Non chiudiamo completamente la porta alla diplomazia, se vediamo l'opportunità, la esploreremo».

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