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La profezia in tv di Paolo Mieli. "Finirà in una bolla di sapone"

Il giornalista stupisce: "Andrà come con la Loggia Ungheria..."

La profezia in tv di Paolo Mieli. "Finirà in una bolla di sapone"

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Mentre emergono nuovi dettagli nell'inchiesta della Procura di Perugia, che indaga il luogotenente della finanza ed ex comandante del gruppo Sos alla Dna, Pasquale Striano, e il sostituto procuratore Antonio Laudati per accesso abusivo al sistema informatico, si attendono in audizione in commissione Antimafia e al Copasir prima Giovanni Melillo, al vertice della Dna, e poi Raffaele Cantone, procuratore capo di Perugia. Entrambi hanno chiesto di essere sentiti con «urgenza» per la delicatezza del caso. L'inchiesta che vede indagate 15 persone e che ha svelato le ricerche illegittime di Striano su 800 nomi, tra cui politici - la maggior parte di centrodestra - personaggi dello sport e dello spettacolo, è ancora in corso e la lista degli «spiati» potrebbe allungarsi. Eppure c'è chi evoca un esito da «bolla di sapone». Hanno destato stupore le affermazioni di Paolo Mieli (nella foto) che ospite a Quarta Repubblica da Nicola Porro, ha parlato così caso: «La presenza di Cantone mi garantisce al 101 per cento che questa inchiesta farà la fine di quella sulla loggia Ungheria, una bolla di sapone. Cantone è uno che accompagna dolcemente le cose al largo e poi... Anche andare in audizione al Copasir e alla commissione Antimafia, è un viaggio verso il nulla, una perdita di tempo enorme. Un senso l'ha già avuto questo caso, che gli spiati sanno che esistono delle attenzioni su di loro». Il disincanto di Mieli sugli esiti dell'inchiesta si riferisce a quelli dell'indagine della stessa Procura di Perugia sulla presunta associazione segreta denominata «Ungheria» - composta da magistrati, politici, generali delle forze armate - che era emersa nei verbali riempiti nel 2020 dall'avvocato plurindagato Piero Amara. Il gip di Perugia a settembre scorso ha archiviato l'indagine accogliendo integralmente la richiesta avanzata dalla procura guidata da Cantone, secondo cui «non sono emersi elementi neanche indiretti che potessero attestarne l'esistenza al di fuori delle dichiarazioni di Amara». L'unico rinviato a giudizio e condannato in primo grado per rivelazione di segreto è stato Piercamillo Davigo, che aveva ricevuto e rivelato il contenuto di quei verbali a membri del Csm e non solo. Quanto al dossieraggio, le indagini proseguono con il massimo riserbo, si lavora anche sull'ipotesi che Pasquale Striano possa avere avuto un mandante. Ma trapela anche che le informazioni raccolte in modo abusivo siano state in gran parte utilizzate per attività giornalistica, mentre altre siano state fornite a un investigatore privato. All'epoca dei fatti, il capo della Dna era Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare del M5s.

Nei mesi scorsi ha negato con decisione l'esistenza di una centrale di dossieraggio.

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