Cronache

È una martire. Ma la sinistra fa dietrofront

È una martire. Ma la sinistra fa dietrofront

S ulla dolorosa storia di Saman Abbas era necessario esprimersi con il tormentone che piace tanto alla sinistra italiana, senza se e senza ma. Non è accettabile che in Italia accada che una ragazzina svanisca nel nulla per mano dei suoi stessi genitori perché ha provato a integrarsi. Saman non voleva un fidanzato italiano, ne aveva uno pakistano come lei ma non era quello scelto dalla sua famiglia. Un peccato minore, che disonora gli accordi presi tra i clan e si paga con la condanna a morte di una diciassettenne.

Saman, trattata come una mucca da macello, per cui gli animalisti conducono lotte ben più vistose di quelle combattute per queste giovani costrette a una condizione di sottomissione totale incompatibile con i diritti civili, universali, di cui la sinistra si sente unica paladina. Dopo un primo momento in cui accennando un passo al di là del politicamente corretto anche le protagoniste della sinistra hanno riconosciuto il peso del fanatismo islamico nell'uccisione di questa povera ragazza, c'è stato un immediato dietrofront, e il ritorno alla solita comunicazione ipocrita: la fine di Saman non può diventare il motivo per contrapporsi a una sottocultura violenta e misogina perché rientra nella prospettiva di quel relativismo culturale per cui l'occidente non può ritenersi migliore neanche nel campo delle pari opportunità tra uomini e donne, per cui le italiane hanno duramente battagliato.

Con giustificazioni che fanno appello a ingannevoli ideali più alti come l'uguaglianza tra i popoli si giustificano azioni francamente mostruose scaricando su altro la responsabilità di questo abominio. Il giudizio sul comportamento degli Abbas diventa relativamente migliore se posto in paragone con una azione ancora più riprovevole. Si ripescano vecchie e amare storie come quella di Lea Garofalo, costretta dal padre al matrimonio con un membro della 'ndrangheta che la uccise perché lei, eroina calabrese, si ribellò e denunciò la criminalità in cui vivevano i suoi parenti.

La grande differenza tra Lea e Saman sta nel modo in cui saranno ricordate. In Italia alla Garofalo si sono intitolati parchi pubblici e biblioteche, in memoria del suo coraggio sono stati scritti libri e girati film.

A Lea Garofalo è stata data una medaglia d'oro al merito civile, alla povera Saman, martire anche lei, neanche un vero funerale e degna sepoltura.

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