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Rebus balneari per Meloni. L'ipotesi di un doppio binario

Dopo lo stop di Mattarella impossibile un nuovo rinvio. Si valuta la distinzione fra concessioni pre e post 2010

Rebus balneari per Meloni. L'ipotesi di un doppio binario

L'invito arrivato da Sergio Mattarella a intervenire sulla questione delle concessioni demaniali ai balneari è risuonato a Palazzo Chigi in maniera fin troppo chiara. Non si può liquidare la questione con un'altra proroga, è la posizione espressa dal Colle, è arrivato il momento di intervenire per non finire nuovamente nel mirino europeo.

Il governo di Giorgia Meloni è dunque al lavoro per trovare una soluzione riattivando le ipotesi di lavoro che erano state vagliate prima che si decidesse di procedere con una proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2024, un termine che in alcuni casi può arrivare fino al 31 dicembre 2025.

La presidente del Consiglio a questo punto fa sapere di essere pronta a riservare «attenzione e approfondimento» alle osservazioni del Capo dello Stato. La palla, insomma, torna nel campo di Palazzo Chigi che deve ora avviare una mediazione con gli alleati e individuare una soluzione accettabile per tutti. La road-map su cui si sta ragionando prevede - dopo un confronto politico tra i partiti della maggioranza - la convocazione di un tavolo tecnico interministeriale con i rappresentanti di categoria.

Il primo tentativo sarà quello di andare in Europa e convincere Bruxelles che l'applicabilità della Bolkenstein sul caso Italia è ancora tutta da dimostrare, puntando sul fatto che non c'è una limitatezza di autorizzazioni dettata dalla scarsità della risorsa naturale tale da giustificare l'obbligo delle evidenze pubbliche, previsto dall'art. 12 della Bolkenstein. Bisogna però accelerare sulla definizione della mappatura delle concessioni in essere e delle aree demaniali. Dentro Fratelli d'Italia c'è che sostiene che se non si fosse forzata la mano sarebbe stato più facile far passare questa tesi, ma comunque questo ragionamento può rappresentare un punto di partenza negoziale.

Se questo tentativo non andasse a buon fine si cercherà di far passare la logica del doppio binario, distinguendo tra concessioni pre e post 2010. Chi ha investito negli stabilimenti balneari nell'era pre-Bolkenstein lo ha fatto nella consapevolezza che lo Stato non poteva revocare la concessione. Pertanto non può essere equiparato a chi lo ha fatto nel post-Bolkenstein. In questo modo, si ragiona nella maggioranza, verrebbero salvate la maggior parte delle concessioni. Ultima ratio è costruire un sistema di aste che tuteli storicità e legame con il territorio e preveda un indennizzo per gli uscenti. Un meccanismo già previsto nel ddl Concorrenza. L'indennizzo, che sarà dettagliato da un decreto attuativo, verrà riconosciuto al concessionario uscente e sarà posto a carico del concessionario subentrante. Dovrà essere valutato in ragione della perdita dell'avviamento connesso ad attività commerciali o di interesse turistico, del valore residuo dei beni immobili oggetto di investimenti per l'esercizio dell'impresa, nonché degli ulteriori beni oggetto di investimenti per l'esercizio dell'impresa.

Tornando all'intervento del Quirinale nella maggioranza c'è qualche malumore non tanto per l'intervento in sé quanto per due «inesattezze» contenute nella «lettera di richiamo». La prima è che la sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2021 è stata impugnata e quindi non può considerarsi definitiva, ma è necessario attendere il giudizio della Cassazione. La seconda è che nel Pnrr non è previsto un legame diretto tra l'erogazione dei fondi e la messa a gara delle concessioni. C'è un ultimo elemento di cui si discute all'interno della maggioranza: la necessità di individuare un ministro responsabile della questione balneari a cui affidare una delega ufficiale.

Una decisione che alla luce della lettera del Capo dello Stato diventa una urgenza non più procrastinabile.

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