Coronavirus

Regno Unito, stop a Pass e mascherine (ma adesso Johnson rischia la sfiducia)

Feste durante il lockdown: c'è una lettera dei Tory contro il premier

Regno Unito, stop a Pass e mascherine (ma adesso Johnson rischia la sfiducia)

Da oggi si torna in ufficio e nelle classi gli studenti potranno rimanere senza mascherina. Dal prossimo 26 gennaio poi, queste, come il Greenpass, non saranno più obbligatorie da nessuna parte. Il Regno Unito, ovvero il Paese più vaccinato d'Europa, torna al piano A, riducendo al minimo indispensabile le restrizioni anti-Covid. L'ha annunciato ieri in una conferenza stampa il ministro alla Salute Sajid Javid spiegando nei dettagli l'approccio diverso che il governo britannico ha sempre perseguito rispetto al resto d'Europa.

«Ora sappiamo molto di più di Omicron, in questo momento è in remissione e i casi sono scesi significativamente sebbene non ci sia stato da noi nessun lockdown - ha spiegato Javid - anche i posti occupati nelle terapie intensive sono tornati ai livelli del luglio scorso e questo grazie, soprattutto, all'enorme sforzo fatto dal servizio sanitario sul fronte dei vaccini, ma anche grazie a voi che avete risposto al nostro appello. Ora il percorso non è finito e dobbiamo rimanere cauti, ma dobbiamo altresì imparare a vivere con il Covid così come abbiamo fatto con l'influenza». Anche il periodo di auto isolamento è stato ridotto da 7 a 5 giorni dopo due tamponi negativi. Gli esperti stanno inoltre prendendo in considerazione l'ipotesi di estendere la vaccinazione anche ai bambini al di sotto dei 12 anni. Non è un caso che nell'annunciare la fine di gran parte delle restrizioni il ministro abbia usato un tono volutamente trionfale.

Le ultime settimane sono state un incubo per il governo conservatore e in particolare per Boris Johnson che sempre ieri è stato nuovamente strapazzato alla Camera dei Comuni da un'opposizione particolarmente effervescente e dai suoi stessi compagni di partito infuriati a causa dello scandalo dei festini in tempi di lockdown. La seduta è iniziata con la defezione del deputato conservatore Christian Wakeford che, nel totale silenzio, ha attraversato la sala per andare a sedersi nei posti riservati ai laburisti. In una lettera ha dichiarato di aver lasciato i Tories perché Johnson «non è capace di offrire al Paese la leadership e il governo che merita». Anche Wakeford, eletto nel 2019, come molti altri (una ventina) ha inviato una lettera con la richiesta di sfiducia alla Commissione parlamentare interna la scorsa settimana. Per ottenere un voto di sfiducia alla Camera sono necessarie 54 richieste. Ieri il Premier ha ribadito la necessità di «attendere i risultati dell'inchiesta interna sul partygate» ma non è bastato a sedare gli animi.

Persino l'ex ministro per la Brexit, David Davis, gli ha chiesto di farsi da parte.

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