Vito Petrocelli resiste, annuncia un ricorso alla Corte Costituzionale, ma di fatto la Commissione Esteri del Senato non esiste più. Come prospettato già martedì, sono arrivate le dimissioni di massa tutti i componenti del parlamentino di Palazzo Madama che si occupa di politica estera. Si va, dunque, verso lo scioglimento della Commissione presieduta dal filorusso Petrocelli. Ora spetta ai capigruppo delle forze politiche annunciare le dimissioni dei loro colleghi e la mancata intenzione di sostituirli, poi la palla passerà di nuovo alla Giunta per il Regolamento del Senato, che consegnerà un parere formale alla presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Dopo una surreale convocazione mattutina della plenaria della Esteri, con Petrocelli a presiedere, e il solo grillino Alberto Airola tra i presenti, sono arrivate una dopo l'altra le dichiarazioni dei senatori dimissionari. Alla fine sono cadute le resistenze dei più titubanti. Tra cui lo stesso Airola, che è stato l'ultimo a formalizzare le sue dimissioni. «Dopo aver avuto un colloquio con il presidente del M5s Giuseppe Conte ho deciso di dimettermi dalla commissione Esteri di Palazzo Madama», dice il senatore grillino.
Nessuna defezione quindi, nemmeno nel M5s, che pure ha tentennato fino all'ultimo. Tutti fuori, dal Pd a Fratelli d'Italia, dai centristi a Forza Italia, da Italia Viva alla Lega. Si è dimesso anche il leader del Carroccio Matteo Salvini, membro della Esteri. Unite maggioranza e opposizione, con Adolfo Urso, unico componente di Fdi, che si è accodato sull'Aventino. Tra le prime a dimettersi le vicepresidenti Laura Garavini, di Iv, e Stefania Craxi di Forza Italia, mentre a battere tutti sul tempo è stato Pier Ferdinando Casini.
Ma Petrocelli, nel mirino per le sue posizioni vicine alla Russia, non molla. Non farà appello contro l'espulsione dal M5s, ma ricorrerà alla Consulta contro le dimissioni di massa. «Non convocherò più la Commissione, mi rivolgerò alla Corte Costituzionale per fare ricorso, sto parlando con i miei legali», dice il discusso senatore. E avverte: «Questa decisione mi pare un pericoloso precedente, che magari qualcuno considera legittimo per eliminare un pericoloso putiniano». Si aprirà quindi la battaglia delle carte bollate. Al Senato si parla ancora del precedente di Riccardo Villari. Villari, dopo essere stato espulso dal Pd, tra il 2008 e il 2009 rifiutò più volte di dimettersi dalla Vigilanza Rai, nonostante le pressioni dei partiti. Poi le dimissioni di tutti i componenti della Commissione aprirono la strada allo scioglimento dell'organismo da parte degli allora presidenti delle Camere Renato Schifani e Gianfranco Fini.
Ma a Palazzo Madama c'è chi fa notare che in quel caso si trattava di una bicamerale - per cui è previsto lo scioglimento - non di una commissione permanente. «Vorrà dire che stavolta bisognerà motivare politicamente la decadenza della Commissione», spiega al Giornale un senatore del Pd.
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