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La riforma fiscale non si ferma: tredicesime più pesanti e meno tasse per i redditi bassi

Tredicesime più pesanti e meno tasse per i contribuenti con redditi fino a 15mila euro lordi annui

La riforma fiscale non si ferma: tredicesime più pesanti e meno tasse per i redditi bassi

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Tredicesime più pesanti e meno tasse per i contribuenti con redditi fino a 15mila euro lordi annui. È questa la principale innovazione introdotta dal decreto attuativo della delega fiscale in materia di Irpef e Ires che oggi andrà in Consiglio dei ministri. Il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo, ha invitato a non dare tutto per scontato perché «le bozze sono ancora oggetto di revisione», ma la sostanza sembra evidente.

«Nelle more dell'introduzione strutturale di un regime fiscale sostitutivo per i redditi di lavoro dipendente riferibili alle tredicesime mensilità, per l'anno 2024, la somma a titolo di trattamento integrativo riconosciuta ai contribuenti con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro, è incrementata di un importo non superiore a 80 euro da erogare unitamente alla tredicesima mensilità», si legge nella bozza. Inoltre, è previsto che «salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile», si legge nel testo. Il medesimo regime, prosegue la bozza, «si applica alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa».

Tra le altre novità emerge anche che dal primo gennaio 2025, la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) «è riconosciuta solo nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per cause diverse dal raggiungimento del requisito pensionistico di qualsiasi genere». Si tratta di una mini-stretta su questa forma di pensionamento anticipato che consente ai beneficiari di una pensione integrativa di ritirarsi anticipatamente dal lavoro (fino a 10 anni con 20 anni di contributi se disoccupati da più di due anni).

Tra le altre novità previste dal decreto anche una serie di modifiche al Testo unico delle imposte sui redditi riguardanti i redditi agrari e dominicali. In particolare, sul versante agricolo è stabilito che un decreto del ministro dell'Economia dovrà individuare per i terreni «nuove classi e qualità di coltura al fine di tenere conto dei più evoluti sistemi di coltivazione». Allo stesso modo, si istituirà un nuovo censimento dei fabbricati per la produzione agricola al fine di stabilire quali effettivamente siano destinati al settore primario e quali invece siano dedicati alle attività agrituristiche che rappresentano una parte del business sempre più importante per questi operatori. Nelle more di questa nuova mappatura, che competerà all'Agea (l'agenzia per le erogazioni in agricoltura cui ci si rivolge per ottenere i sussidi destinati alle coltivazioni; ndr), il reddito agrario sarà determinato «mediante l'applicazione alla superficie della particella catastale su cui insiste l'immobile della tariffa d'estimo più alta in vigore nella provincia in cui è censita la particella, incrementata del 400%».

Per quanto riguarda il versante Irpef dei lavoratori dipendenti, concorreranno a formare reddito da lavoro «le somme, i servizi e le prestazioni erogati dagli enti bilaterali», ossia le organizzazione costituite da imprese e sindacati per il welfare aziendale. Analogamente l'esenzione Irpef dei contributi sanitari integrativi sarà valida solo per gli istituti iscritti all'anagrafe dei fondi sanitari. Questi contributi saranno deducibili anche se versati a favore dei familiari, purché non abbiano un reddito superiore a 2.840 euro (4.000 euro per i figli under 24). Insomma, si tratta di una spinta a favore del welfare aziendale per tutta la famiglia.

Più complesso il capitolo degli autonomi. Da un lato non rientrano nel calcolo Irpef, come d'uopo, i rimborsi spese o le somme ricevute per l'uso comune di immobili o altri beni, ma diventano tassabili le plusvalenze da cessione a titolo oneroso o l'autoconsumo di beni per finalità estranee all'attività. Le spese di trasferta sono deducibili al 75% (ma con tetto al 2% dei compensi percepiti durante il periodo d'imposta), mentre quelle di rappresentanza all'1 per cento. I diritti d'uso e le licenze sono deducibili al 50%, mentre i costi di acquisizione della clientela non si possono dedurre per una percentuale superiore al 5,55 per cento. Non sono ammesse deduzioni per i compensi al coniuge e ai figli.

Più complesso il nuovo trattamento fiscale delle operazioni straordinarie (acquisizioni, cessioni, fusioni). Il principio guida è l'allineamento tra valori contabili che emergono e valori fiscali. Dunque, eventuali plusvalenze si tassano.

Le società in liquidazione dovranno pagare le imposte per l'anno di liquidazione dalla data di inizio a quella del provvedimento amministrativo.

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