Troppi morti, troppa distruzione, bombardamenti quotidiani per quattro mesi che hanno quasi raso al suolo la città. Le truppe ucraine hanno ricevuto l'ordine di ritirarsi da Severodonetsk per evitare di essere accerchiati, spostandosi in nuove postazioni fortificate. Una mossa che di fatto apre la strada ai russi per la conquista della città chiave del Donbass. O meglio di quello che ne rimane, visto che tutte le infrastrutture cruciali sono state distrutte e l'80 per cento delle case dovrà essere demolito. Come aveva previsto il presidente Volodymyr Zelensky, esortando l'Occidente a fornire più armi: «Vogliono distruggere l'intero Donbass, trasformando qualsiasi città in Mariupol, un cumulo di macerie». Nei prossimi giorni potrebbe capitolare anche la città gemella di Lysychansk.
Nonostante tutto, secondo gli analisti del centro studi statunitense Institute for the study of war, «la battaglia di Severodonetsk non sarà una vittoria russa decisiva», perché seppur le truppe di Putin hanno guadagno parecchio terreno in questa area negli ultimi giorni e quelle ucraine subito pesanti perdite, Kiev ha «fondamentalmente raggiunto l'obiettivo nella battaglia rallentando e degradando le forze russe». Secondo il report Usa le operazioni offensive di Mosca probabilmente si bloccheranno nelle prossime settimane, indipendentemente dal fatto che il nemico catturi o meno l'area di Severodonetsk-Lysychansk, probabilmente garantendo ai soldati ucraini l'opportunità di lanciare prudenti controffensive. «La fissazione ideologica del Cremlino sulla cattura di Severodonetsk, proprio come il precedente assedio di Azovstal, sarà probabilmente a scapito finale delle capacità russe nei futuri progressi in Ucraina», scrive il centro studi. Anche una fonte del Pentagono parlando alla Cnn ha definito la conquista della Russia «molto piccola», sottolineando come le forze russe stiano facendo «progressi di pochi centimetri nel Donbass». In particolare, a 15 chilometri da Severodonetsk, nell'oblast del Lugansk, nei pressi della città di Hirske, ormai persa, ci sono circa duemila combattenti ucraini - quattro battaglioni, un gruppo di artiglieria e un contingente di mercenari stranieri - circondati dai russi. Praticamente intrappolati, fa sapere il portavoce del ministero della Difesa di Mosca, Igor Konashenkov, secondo il quale nelle ultime ore 41 militari che si trovavano in questa zona hanno rinunciato a resistere e si sono arresi volontariamente. Gli ucraini avrebbero subito ingenti perdite in particolare nei combattimenti tra le località di Groskoye e Zolotye, a sud di Lisichansk, in mano ai russi. Mentre nella regione di Sumy, stando a quanto segnalato dall'amministrazione militare regionale, gli occupanti hanno usato armi proibite, come proiettili incendiari con fosforo. Si continua a combattere allo stesso modo nella regione di Kherson. Anche qui l'esercito nemico utilizza tutte le armi disponibili, distruggendo centinaia di case e infrastrutture negli insediamenti catturati. Sempre a Kherson, un funzionario della nuova amministrazione insediata dai russi, a capo del Dipartimento per le politiche giovanili, la famiglia e lo sport, è stato ucciso in un attentato in seguito all'esplosione dell'auto su cui stava salendo. Uno dei tanti attacchi che si stanno verificando sempre più spesso nelle zone dell'Ucraina conquistate dalle forze di Mosca. Per il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, è stato un «atto di terrorismo». «Posso solo dire che il nostro esercito è lì e, ovviamente, questa attività terroristica richiede un'attenzione speciale, ha sottolineato Peskov.
Situazione sempre più drammatica a Mariupol, occupata dalla forze armate russe, che vietano ai cittadini di lasciare la città. È anche la carenza di acqua e cibo a creare grossi problemi. Per il sindaco Vadym Boychenko, la città è «sull'orlo di una catastrofe epidemiologica».
Si starebbero già diffondendo malattie infettive, tra le quali potrebbero esserci virus mortali come colera e dissenteria. Il problema sono anche le circa 9mila tonnellate di rifiuti che hanno invaso le strade, trasformando Mariupol in un «ghetto» dove le condizioni igieniche mettono a rischio la vita dei residenti rimasti.
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