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Rivolta in Kazakistan contro il caro energia. La polizia spara: 20 morti

Assalto dei manifestanti nei municipi di Almaty e Aktobe. Il presidente: "Useremo il pugno duro"

Rivolta in Kazakistan contro il caro energia. La polizia spara: 20 morti

Appena due settimane fa il Kazakistan festeggiava i 30 anni di indipendenza da Mosca e le reti televisive mandavano in onda uno spot nel quale il presidente Kassym Tokayev sosteneva: «Il Kazakistan ha leadership, stabilità e progresso». Oggi si piangono i morti. La favola non ha imboccato la strada del lieto fine, spazzata via dalle proteste di piazza. Oltre la patina di ottimismo sbandierata da Tokayev, esistono 18 milioni di abitanti che vivono al di fuori della bolla del benessere frequentato dall'establishment politico.

L'aumento del prezzo della benzina è stata la scintilla che ha gettato il Paese nel caos. I lavoratori del settore del gas e del petrolio, ma soprattutto le fasce più povere, hanno visto più che raddoppiare in poche ore il prezzo del carburante. Inconcepibile per una nazione che produce ed esporta energia. Purtroppo le proteste per i rincari si sono trasformate in assalti alle istituzioni governative. Tokayev, delfino dell'81enne Nursultan Nazarbajev, al comando dal 1990 al 2019, sta vestendo i panni del parafulmine. I kazaki però ce l'hanno con il grande vecchio, l'amico di Putin che dietro le quinte manovra ancora l'apparato economico della giovane nazione. Tokayev, diventato presidente con l'elezione pilotata del marzo 2019, sta cercando di riprendere il controllo, ma l'anarchia regna sovrana. Con due interventi in tv in meno di 24 ore, ha lasciato intendere di essere pronto a considerare le richieste dei dimostranti, invitandoli però a non diventare preda di provocazioni interne ed esterne, ammonendo che il proseguimento dei disordini illegali verrà contrastato con durezza. Al momento le sue parole non sembrano un deterrente. Nelle principali città del Paese la gente ha occupato strade, piazze ed edifici pubblici, spesso con la violenza. Ad Almaty, la capitale finanziaria, i manifestanti hanno sequestrato il quartier generale della sicurezza nazionale. Ad Aktobe, la prima località, assieme a Janaozen, dove sono scoppiate le proteste per l'aumento dei prezzi del gas, il municipio è nelle mani dei rivoltosi, che non hanno incontrato alcuna resistenza da parte delle forze dell'ordine. Anzi, alcuni poliziotti si sono schierati al loro fianco. Nella città di Taldykorgan è stato abbattuto il monumento di Nazarbajev.

Il bilancio delle violenze, in parte sedate dalla polizia con granate stordenti e attrezzature speciali, è di una ventina di morti, un centinaio di agenti delle forze dell'ordine feriti e di oltre trecento arresti effettuati. Ma si tratta di cifre parziali, anche perché da alcune ore è in corso un blackout di internet a livello nazionale. Ufficialmente per presunti disservizi registrati nella telefonia mobile, in realtà per spezzare la catena di contatti tra i gruppi di manifestanti. Tokayev ha tentato un'ulteriore carta della distensione licenziando l'esecutivo guidato da Asqar Mamin e promettendo di riportare da 24 a 10 centesimi d'euro il prezzo al litro della benzina. Parallelamente ha imposto il coprifuoco in tutto il Kazakistan dalle 23 alle 7 e la chiusura dell'aeroporto di Almaty, già comunque vandalizzato da un gruppo di contestatori.

A livello internazionale si attendono le mosse della Russia. Mosca ha interessi nel settore energetico, e dipende dalla base di lancio di Baikonur per tutte le missioni spaziali. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov si augura che nessuno interferisca nella situazione in corso.

Intanto Putin, Tokayev e Lukashenko hanno organizzato un summit da remoto. E mentre Bruxelles chiede una de-escalation, Washington ha comunicato all'ambasciatrice Judy Kuo di mettere in sicurezza i concittadini in attesa di un volo speciale per il rientro negli Usa.

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