Dalle alture dell'Hindu Kush alle spiagge e alle pianure dell'Ucraina. È il ritorno, cent'anni dopo, a quel «Grande Gioco» caro a Ruyard Kipling che tra l'800 e i primi del '900 impegnò agenti segreti russi e inglesi sui confini asiatici dei rispettivi imperi. A evocare il ritorno al passato è il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che accusa Londra di aver diretto sia gli attentati ai due gasdotti Nord Stream, sia l'incursione contro le navi russe a Sebastopoli. «I nostri servizi d'intelligence sono in possesso di dati da cui risulta che le forze speciali britanniche hanno diretto e coordinato gli attacchi», afferma Peskov aggiungendo che il sabotaggio al Nord Stream rappresenta «un attacco terroristico a un'infrastruttura energetica critica» di valenza internazionale. «Queste azioni non possono essere lasciate passare». Accuse a cui fa seguito la minaccia dell'ex presidente Dmitry Medvedev di ricorrere al nucleare se Kiev non rinuncerà a Crimea e Donbass.
Avvertimenti a cui Londra oppone calcolati understatement. Per il ministro degli Esteri James Cleverly Mosca è «staccata dalla realtà» e vuole «distrarre l'attenzione» dai «fallimenti in battaglia». Per il premier Rishi Sunak le accuse sono parte del «manuale di distrazione dalla realtà» usato dal Cremlino. Ma per capire i sospetti russi bisogna tornare al 30 giugno quando i commandos ucraini sbarcano sull'Isola dei Serpenti a bordo di scooter subacquei guidandone la riconquista. Un'incursione realizzata grazie all'appoggio in zona delle forze speciali dello Special Boat Service, l'equivalente inglese dei nostri Comsubin e dei Seals statunitensi. Proprio il ruolo dell'Sbs spinge l'intelligence russa a ipotizzare un coinvolgimento inglese anche nel sabotaggio del Nord Stream. Un sabotaggio in cui, nella logica russa, l'appoggio operativo della Marina di Sua Maestà e il coordinamento degli 007 britannici sarebbero stati fondamentali. Il primo a battersi per un ruolo attivo di commandos e intelligence inglesi in caso d'intervento russo in Ucraina è stato del resto il generale Mark Carleton-Smith, un'ex-comandante delle forze speciali passato alla guida delle forze armate del Regno Unito. Grande sostenitore del deep battle space, l'allargamento del campo di battaglia alle retrovie nemiche grazie alle forze speciali, Carleton-Smith ha imposto le sue strategie fin dall'operazione Orbital, la missione d'addestramento dell'esercito ucraino avviata da Londra nel 2015. Tra le forze istruite dagli inglesi c'erano anche i nuclei d'élite, supervisionati dalle Sas britanniche, che nelle prime ore di guerra presero in consegna Zelensky. Sul piano militare l'operazione salvò la vita al presidente, ma su quello politico vanificò, su preciso ordine di Boris Johnson, i piani di un Joe Biden pronto a trasferire Zelensky fuori dal Paese. Da allora gli incursori delle Sas, come rivelato dal Times, non hanno mai smesso di addestrare gli omologhi ucraini. Un'operazione condotta sotto il coordinamento dell'Mi6, il servizio d'intelligence estera a cui fonti russe imputano l'individuazione degli obbiettivi sul deep battle space. Coniugando osservazioni satellitari a intercettazioni e trasmettendole ai commandos alla guida degli omologhi ucraini, l'Mi6 avrebbe pianificato gli attacchi all'arsenale di Timonovo e all'aeroporto di Stary Oksol condotti, ad agosto, nella regione russa di Belgorod.
Una doppietta seguita dall'attentato al ponte di Kerch e, domenica, dall'incursione di droni nel porto di Sebastopoli. Due devastanti e simbolici affondi in ambiente «navale» in cui Mosca non può far a meno d'intravvedere la manina della «perfida Albione».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.