Politica internazionale

Dal Sahel il rischio di "bomba migratoria". E Tajani prova a coinvolgere Onu e G20

L'instabilità politica dell'area sub-sahariana spinge nuove partenze dall'Africa

Dal Sahel il rischio di "bomba migratoria". E Tajani prova a coinvolgere Onu e G20

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Fino a qualche mese fa erano soprattutto i trend demografici dei Paesi africani a preoccupare il governo italiano, già alle prese da inizio anno con sbarchi senza precedenti dal Mediterraneo. Ma con una Francia che ha deciso di «blindare» la frontiera con Ventimiglia e una Germania che ha parzialmente sospeso il meccanismo di solidarietà volontaria sui richiedenti asilo dall'Italia - tutto nel giro di 24 ore - altri eventi creano ora apprensione. Pezzo dopo pezzo, il puzzle della potenziale «bomba» migratoria d'autunno dà il tormento ai tecnici. Che lavorano. Di cesello. Mentre in Europa, secondo certe ricostruzioni diplomatiche, c'è chi per ragioni politiche starebbe remando contro gli sforzi di chi prova a far funzionare i nuovi accordi anti-barchini. Ad aprile e a giugno si erano mosse la premier Meloni e la presidente della Commissione Ue Von der Leyen per sbloccare l'intesa con Tunisi. Ma ieri, dopo giorni di partenze incontrollate, ecco l'ultimo «schiaffo» di Kais Saied: bloccata una delegazione dell'Europarlamento. Apparentemente, questione di metodo. I due eurodeputati tedeschi e i tre francesi volevano dibattere con funzionari, parlamentari, oppositori, sindacalisti e società civile tunisina. Il responsabile Esteri dell'Spd tedesca, Dietmar Koester, parla di «scandalo» e chiede che Bruxelles revochi il memorandum, visto l'accesso negatogli da Saied. Ma senza collaborazione per frenare i flussi di origine sub-sahariana (che preoccupano gli 007 italiani) la situazione non può che complicarsi. Un comunicato dell'Ue prova a smorzare le tensioni: «Insistere sul dialogo». Mentre tedeschi e francesi della delegazione chiedono ai 27 «una risposta ferma». Il ministro degli Esteri Tajani punta intanto a coinvolgere Onu e G20 per una conferenza internazionale che avvii un processo di stabilizzazione del Sahel. Il problema non è infatti solo la Tunisia, Paese soprattutto di transito. Ma l'instabilità che affligge la regione sub-sahariana dopo un'altra estate di colpi di Stato: in Niger e Gabon, per anni sotto sorveglianza di Parigi. E prima in Mali, dove la brusca cacciata dei soldati d'Oltralpe ha piazzato il Paese nell'orbita russa con la Wagner sul terreno. L'Eliseo ha lanciato una conferenza d'autunno per un cambio di strategia in Africa da dibattere con i partiti francesi, società civile, ricercatori e Ong. Il Segretario generale Onu, Guterres, giudica invece «essenziale una solidarietà europea per condividere il fardello dell'ondata migratoria». Nel Sahel gli islamisti guadagnano infatti terreno, e visto che le condizioni poste dalle giunte militari non danno garanzie sullo sviluppo dei Paesi scossi dai golpe, le fughe verso la rotta mediterranea saranno sempre più incentivate, filtra dai Servizi. Il meteo favorisce le partenze. In Marocco si continua a scavare tra le macerie del terremoto, e cresce la voglia di lasciar tutto; in Libia la situazione dopo l'alluvione è disperata.

E prosegue pure il flusso ininterrotto di profughi che cercano di salvarsi dalla guerra tra fazioni in Sudan, verso il Ciad.

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