Cronaca giudiziaria

Saman, inizia il recupero. L'ultima difesa del papà: "Mia figlia è ancora viva"

Due mesi per analizzare i resti. Intercettato il cugino: "Io la tenevo, un altro l'ha strozzata"

Saman, inizia il recupero. L'ultima difesa del papà: "Mia figlia è ancora viva"

A Novellara proseguono le operazioni per recuperare i resti del cadavere di Saman, mentre in Pakistan il padre giura che la ragazza è viva.

Ieri è andato in scena un nuovo capitolo del giallo di Novellara, iniziato un anno e mezzo fa. Shabbar Abbas, ascoltato dal giudice in Pakistan, ha cercato di fare lo slalom per sfuggire alla giustizia, che potrebbe portarlo in Italia per rispondere di sequestro di persona, omicidio e soppressione del cadavere della figlia, in concorso con altri quattro componenti della sua famiglia.

L'uomo, comparso col suo legale davanti al magistrato di Islamabad, ha negato il delitto di cui lo accusa la Procura di Reggio Emilia, diretta da Gaetano Calogero Paci. Ora al suo difensore sono stati concessi sette giorni per prendere visione della documentazione pervenuta dall'Italia, che pretende l'estradizione di Shabbar. La prossima udienza a Islamabad si terrà il 6 dicembre. Intanto in Pakistan proseguono le ricerche di Nazia Shaheen, la madre della diciottenne, che sembra scomparsa nel nulla. La polizia federale pachistana ha informato l'ufficiale di collegamento italiano che si stanno seguendo varie piste nella speranza di riuscire a rintracciare la donna il tempi brevi.

È l'unica ancora latitante, perché i cugini Nomanulhaq Nomanukhaq e Ikram Ijaz insieme allo zio, Danish Hasnain, sono da mesi in carcere a Reggio Emilia. È stato proprio quest'ultimo a fornire le indicazioni per permettere agli investigatori di trovare il corpo della nipote. E in quel casolare diroccato, distante solo cinquecento metri da dove abitavano e lavoravano gli Abbas, è iniziato il recupero, davanti ai periti nominati dalla Corte d'Assise.

Un'operazione non facile, perché quella latteria abbandonata è pericolante e il corpo si trova in una buca profonda circa due metri, sotto uno strato di rottami e terra argillosa. Serviranno una decina di giorni, secondo le previsioni, per estrarre e analizzare i resti che, contrariamente a quanto si era detto all'inizio, non erano in un sacco. Poi saranno necessari altri cinquanta giorni per avere i risultati delle analisi e stabilire con certezza che si tratta di Saman, la diciottenne uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan.

«È una situazione complicata», ammettono i periti, che sono pronti a cercare i resti «a mano», setacciando il terreno. La Corte d'assise ha nominato l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, nota per essersi occupata già di Yara Gambirasio a Stefano Cucchi, e l'archeologo forense Dominic Salsarola per occuparsi delle analisi medico legali. Entrambi erano presenti durante il sopralluogo, insieme agli avvocati e ai consulenti di parte, ai vigili del fuoco e ai carabinieri, che lavorano sotto la supervisione del sostituto procuratore Laura Galli.

Dalle carte è emerso invece che in questi giorni in carcere Hasnain ha incontrato il cugino Ikram Ijaz, che non vedeva dal delitto. Intercettato senza saperlo, ha detto: «Parlerò, giuro su Allah, parlerò: da nove mesi sono disonorato...». E avrebbe confidato a qualcuno in prigione: «Io la immobilizzavo per le gambe mentre Danish e l'altro cugino la soffocavano». Anche Hasna non ha detto tutto.

Ma ora che il padre di Saman è stato catturato potrebbe pensarci.

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