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Il caso toghe sfascia la procura di Milano. Firmano 100 giudici in difesa di Storari. L'ira del capo Greco

Scontro senza precedenti tra i magistrati meneghini che isolano il procuratore, tradito anche dai vice Targetti, Siciliano e Dolci Corsa a sostenere il collega indagato e allontanato per aver passato i verbali a Davigo

Il caso toghe sfascia la procura di Milano. Firmano 100 giudici in difesa di Storari. L'ira del capo Greco

E adesso c'è la prima vittima, nella disastrosa vicenda giudiziaria scaturita dal processo Eni e dai verbali del «pentito» Pietro Amara: ed è la vittima più gloriosa di tutte, la Procura della Repubblica di Milano. Che dallo scontro innescato dalla consegna dei verbali di Amara dal pm Paolo Storari a Piercamillo Davigo viene ieri travolta in pieno, con la ribellione di quasi cento magistrati che insorgono in difesa di Storari. A poche ore dalla decisione del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi di chiedere al Csm la testa di Storari - via da Milano, e mai più pubblico ministero - la raccolta di firme in difesa del collega sotto accusa, in corso da giorni nei corridoi del palazzaccio milanese, viene allo scoperto. È un documento che non entra nel merito dei verbali consegnati a Davigo, ma poco importa. La frase cruciale è una: i firmatari dicono che «la loro serenità non è turbata dalla presenza del collega». È esattamente il contrario di quello che il capo della Procura, Francesco Greco, e il pg della Cassazione sostengono: consegnando i verbali a Davigo, e continuando intanto a indagare su Amara e persino sulla fuga di notizie di cui egli stesso era l'origine, Storari avrebbe messo «a disagio» l'intero ufficio. Per questo, aveva scritto Salvi, Storari va cacciato da Milano: per la «serenità» dell'ufficio.

La nostra serenità, rispondono i firmatari, non è affatto messa in discussione dalla presenza di Storari. Ed è una discesa in campo senza precedenti, una ribellione inimmaginabile ai tempi di Borrelli, un colpo devastante all'immagine di uno degli uffici giudiziari più importanti d'Italia. I segnali c'erano stati, la protesta covava nelle chat e nei corridoi. I segnali di solidarietà a Storari erano arrivati da più parti. Ma il procuratore Greco, e con lui Salvi, hanno deciso di andare avanti. Forse non pensavano che i leader del fronte pro Storari avrebbero scelto alla fine di uscire allo scoperto. Si sbagliavano.

Firmano 55 pm, i due terzi del totale. E a scendere in campo non sono solo i «peones», i giovani pm della base. Nell'elenco compaiono nomi importanti. Il primo è quello di Alberto Nobili, veterano della Procura e delle inchieste sulla criminalità al nord, oggi a capo dell'antiterrorismo. Con lui, tre procuratori aggiunti, i «vice» di Greco: Ferdinando Targetti, Tiziana Siciliano e il capo dell'antimafia Alessandra Dolci. Si tratta di magistrati che hanno condiviso con Greco decenni di lavoro e rapporti di amicizia; la Siciliano e la Dolci sono state appoggiate da Greco nella domanda per i posti che oggi ricoprono. Eppure anche loro oggi si schierano contro di lui. Greco, si dice, la prende malissimo. Adesso il procuratore è un uomo solo, con accanto solo i suoi fedelissimi. A partire da Fabio De Pasquale, il grande accusatore del caso Eni, oggi sotto procedimento penale a Brescia proprio per la sua gestione del processo ai vertici del colosso.

Non è tutto. A firmare il documento pro-Storari ci sono anche quasi cinquanta giudici: più di metà dei giudici preliminari, una intera sezione penale, toghe giovani e meno giovani. Il caso Storari diventa l'occasione per un atto d'accusa contro l'intera gestione della giustizia a Milano da parte della Procura. Decenni di timori reverenziali verso quella che fu la corazzata di Mani Pulite sembrano dissolti.

Impossibile dire come se ne uscirà. Greco dopo l'estate andrà in pensione, lasciando una Procura spaccata (e a guidarla in attesa del nuovo capo sarà Targetti, uno dei firmatari del documento). Ma prima ancora si dovrà vedere come il Consiglio superiore della magistratura sceglierà di comportarsi in uno scontro che sembra sfuggito di mano a tutti quanti. A partire dalla giornata di oggi, quando il Consiglio interrogherà uno dei personaggi-chiave della vicenda milanese: Marco Tremolada, il giudice del processo Eni, oggetto durante il processo di una serie plateale di pressioni perché condannasse gli imputati (poi da lui assolti con formula piena), culminata nel tentativo di De Pasquale di fare entrare in aula i verbali di Amara che lo definivano «avvicinabile». Dall'interrogatorio di Tremolada si capirà quanto il Csm abbia intenzione di scavare a fondo sui metodi che regnavano a Milano. E un altro segnale arriverà nei giorni successivi: per venerdì è fissata l'udienza urgente che dovrebbe decidere sulla richiesta di Salvi di allontanare immediatamente Storari da Milano. Una urgenza che era stata motivata con la «serenità» della Procura milanese e che il documento di ieri dei cento milanesi smentisce platealmente.

A questo punto un rinvio del processo a Storari a dopo l'estate vorrebbe dire prendere atto che a Milano le colpe non stanno tutte dalla stessa parte.

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