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Si spacca M5s sul risiko Rai. E l'asse Lega-Fi esclude Fdi

Il Parlamento elegge i consiglieri di nomina politica. Meloni perde l'uomo nel Cda. E arriva il caso Soldi

Si spacca M5s sul risiko Rai. E l'asse Lega-Fi esclude Fdi

L'asse Lega-Forza Italia per cambiare il consigliere sostenuto da Giorgia Meloni. I 5 Stelle finiti in pezzi sulla scelta dell'altro consigliere Alessandro Di Majo (che non è il ministro degli Esteri). La presidente «in pectore» Marinella Soldi lambita dall'indagine su Matteo Renzi e Lucio Presta per il documentario dedicato a Firenze in cui si sospetta una violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Insomma, non c'è cambio di vertici a viale Mazzini che non sia funestato da spaccature, litigi, arrembaggio alle poltrone, inchieste e polpette avvelenate. Neppure nell'era Draghi. Chi auspicava che l'autorevolezza e la fermezza del premier mettesse un freno agli appetiti politici sulla televisione di Stato, è incorso nell'ennesima delusione. O, forse, al contrario, il metodo Draghi ha funzionato anche stavolta: decidere le caselle più importanti e lasciare le forze politiche a scannarsi sul resto.

Non per nulla il premier, con un blitz, venerdì scorso ha indicato Carlo Fuortes come amministratore delegato, manager culturale di alto profilo che ha lavorato sotto amministrazioni capitoline di diverso colore, e con attuale tendenza all'area di centro-sinistra di Franceschini.

Ieri, invece, è andata in scena in Parlamento una spartizione secondo il vecchio e noto «Manuale Cencelli» dei posti nel nascente cda della Tv di Stato. Anche perché, stando all'attuale legge, quattro consiglieri sono nominati da Camera e Senato, due dal Ministero dell'Economia (ad e presidente) e uno dai dipendenti della Rai.

Dunque, alla fine di una settimana di liti e veti incrociati, ieri sono risultati eletti: Francesca Bria (162 voti), economista ed esperta di digitalizzazione, in quota Pd; Igor De Biasio, già nel Cda uscente, vicino alla Lega (ha ottenuto 102 voti, «Felice di mettermi di nuovo al lavoro», ha commentato), Alessandro Di Majo per i 5 Stelle (78 voti) e Simona Agnes per Forza Italia (a quota 161 nella votazione notturna). Sulla Bria parte del Pd e Italia Viva, che avrebbero preferito il giornalista Stefano Menichini, sono rimasti delusi. Sugli ultimi due si è giocata una partita a scacchi senza esclusione di colpi che avrà gravi ripercussioni negli equilibri politici. La Agnes, di illustre lignaggio, è figlia di Biagio, potente direttore Rai negli anni '80, di cui presiede la Fondazione e il premio giornalistico intitolato: voluta da Forza Italia con l'appoggio della Lega al posto di Giampaolo Rossi (fermo a 74 voti), presente nel cda uscente, vicino a Fratelli d'Italia.

Una mossa che porta alla spaccatura del centrodestra, con Giorgia Meloni infuriata. In sostanza, gli azzurri volevano un loro rappresentante in cda, mentre Fdi voleva a tutti i costi che rimanesse Rossi, rivendicando un posto all'unica forza di opposizione nell'attuale Parlamento. Alla fine non si è trovato l'accordo su un nome comune e ognuno ha votato il suo candidato. Ora, almeno a parole, Fdi farà fuoco e fiamme. Ma, nei corridoi di viale Mazzini, già si vocifera di compensazioni per la destra che si traducono nei cambi di direttori di testate e reti: per esempio al Tg1 potrebbe andare Gennaro Sangiuliano, attuale direttore del Tg2.

Ingarbugliata anche la matassa dei 5 Stelle. Alla fine l'ha spuntata Alessandro Di Majo (avvocato, quasi omonimo del ministro Luigi), sostenuto dal (più o meno) leader Giuseppe Conte, e non Antonio Palma, presidente dell'Istituto poligrafico dello Stato, scelto dai commissari pentastellati della Vigilanza. Riunione infuocata ieri poco prima della votazione dei parlamentari grillini infuriati perché il prescelto sarebbe ritenuto «inadeguato» e «non avrebbe neppure competenza in materia tv». E, poi, c'è il capitolo Marinella Soldi. La manager indicata da Draghi come presidente Rai è stata sfiorata dalla nuova inchiesta su Renzi. Lei è stata Ceo di Discovery fino a qualche settimana prima della messa in onda (nel dicembre 2018) del documentario su Firenze per cui è stato indagato l'ex premier. In sostanza, la Soldi non è invischiata nelle indagini, ma - fanno notare i grillini - difficile immaginare che non abbia avuto un ruolo nelle trattative per l'acquisto dei diritti. In ogni caso, la questione (e l'amicizia con l'ex premier) getta un'ombra sulla manager che per diventare presidente Rai deve ottenere la maggioranza dei due terzi della Commissione parlamentare di vigilanza. E, qui, si apre un'altra questione complicata, perché alla stato attuale, questi voti non ci sono.

Per ora a suo favore c'è solo lo schieramento giallo-rosso.

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