Guerra in Ucraina

Il sindaco-pugile (ed eroe) che scrive a Francesco: "Vieni, servi per la pace"

Vitaly Klitschko, ex campione dei massimi, guida Kiev tra coprifuoco e l'appello ai leader religiosi

Il sindaco-pugile (ed eroe) che scrive a Francesco: "Vieni, servi per la pace"

Ha il naso ristrutturato da mille cazzotti - ma lui ne ha dati milioni - e la faccia che sembra il Monte Rushmore di se stesso. E lo sguardo in tralice di chi dice a chiunque «ehi, ce l'hai con me?», anche se da dieci anni il suo ring è la politica e la sua categoria di peso è quella di sindaco di Kiev, la capitale dell'Ucraina. E c'è da giurare che Vladimir Putin, se dovesse ricevere da Vitaly Klitschko la stessa proposta assurda che gli ha fatto Elon Musk («facciamo un combattimento di arti marziali, e in palio mettiamo l'Ucraina»), non risponderebbe a questo armadio a muro che per oltre cinque anni è stato l'uomo dalla castagna più pesante del mondo come ha fatto con il nerd della Silicon: «Sei debole per competere, sarebbe solo una perdita di tempo». Vallo a dire a Klitschko, detto Dr. Ironfist, ovvero Pugno di Ferro. E occhio a quel Dr, doctor, perché Klitshko ha anche una laurea e una specializzazione, in Scienze Sportive, e cosa sennò.

Epperò se un uomo con un pugno di ferro incontra un uomo con granate e armi chimiche e bombe termonucleari e una bella spruzzata di paranoia, l'uomo con il pugno di ferro è un uomo morto o quasi. Klitschko lo sa. Gira per la sua Kiev con il suo naso triste come un bombardamento e un cappellino di lana perché fa un freddo becco, tra l'altro, con il fratello Volodymyr, lo stesso cappellino, lo stesso giubbotto antiproiettile semislacciato, lo stesso naso massaggiato da pugni inutili e velleitari, solo che lui è di cinque anni più giovane, quarantacinque anni invece che cinquanta, e un nickname differente ma non meno minaccioso: Dr Steelhammer, martello d'acciaio. Era un pugile imbattibile anche lui. Scegliete voi con chi litigare, nel caso.

Klitschko Vitaly, il sindaco, fa quello che può. I cazzotti contano poco, fuori dal ring. Ha introdotto un coprifuoco di trentasei ore («perché il momento è pericoloso») per quelli che sono rimasti, ché la metà dei suoi concittadini se n'è in qualche modo andata e lui no, certo, si sta in piedi perché lui al tappeto no ci va, lui ha una percentuale di KO superiore all'87 per cento, fate un po' voi. Però anche un grande pugile ha bisogno di un buon secondo all'angolo e Klitschko Vitaly da Belovodskoe ne ha scelto uno importante, papa Francesco, uno che in fondo ha anche lui una faccia da pugni. Gli ha scritto, qualche giorno fa, chiedendogli di andare in visita a Kiev. «Crediamo che la presenza di persona dei leader religiosi mondiali a Kiev sia la chiave per salvare vite umane e aprire la strada alla pace nella nostra città, nel nostro Paese e oltre». E siccome non sempre si può vincere per KO, ogni tanto si può anche prevalere ai punti, ecco il piano B. «Se un viaggio a Kiev non è possibile, chiediamo gentilmente una videoconferenza congiunta, da registrare o trasmettere in diretta. Saranno compiuti sforzi per includere il presidente Zelensky in questa chiamata».

«Il Santo Padre ha ricevuto la lettera del sindaco della Capitale ucraina ed è vicino alle sofferenze della città, alla sua gente, a chi ne è dovuto fuggire e a chi è chiamato ad amministrarla», risponde il portavoce vaticano Matteo Bruni, ma è chiaro che l'incontro non si terrà. Però il 25 marzo Bergoglio consacrerà all'Immacolato Cuore di Maria la Russia e l'Ucraina. Lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto a Fatima dal cardinale Konrad Krajewski, polacco, elemosiniere del pontefice, che è già stato, lui sì, in Ucraina a pregare.

Altro che pugni.

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