L'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, per interpretare il momento, ha una guida specifica: il Papa.
Presidente, la globalizzazione è finita?
«Questa guerra ha portato alla luce e ingigantito una tendenza in atto. La sintesi è una formula del Papa, rimasto inascoltato: "terza guerra mondiale a pezzi". Siccome non era prossima a noi, l'espressione non è stata colta nella sua drammaticità. L'invasione russa ha evidenziato questo fenomeno: la falsificazione della tesi che ha accompagnato la nascita e l'ascesa della globalizzazione».
Cioè?
«Che il crollo dell'Urss avrebbe consentito, con la rivoluzione capitalista, di pacificare il mondo. Quando il mondo ha resistito, i neo-con americani hanno inventato la guerra preventiva. Fallita l'ipotesi, siamo entrati nella "terza guerra mondiale a pezzi"».
Lei dice che Putin non ricorda l'Urss.
«Putin è tutt'altro animale politico. Bisogna andare a prima della rivoluzione d'ottobre: è la riscoperta della Grande Russia, della patria e delle cose più profonde ed ancestrali, che diventano politica di potenza. Putin recupera il retaggio più antico e devastante: la patria impugnata contro le altre patrie. Siamo nel puro ritorno al nazionalismo».
Qualcuno vorrebbe il Papa a Kiev.
«Non sanno interpretare la testimonianza. Se la sapessero interpretare, non avrebbero bisogno di chiedere altro. Basterebbero le parole del Papa. Non c'è bisogno che vada da qualche parte. Il suo messaggio non ha bisogno di forzature: è il linguaggio della pace. Ma la politica fatica ad accorgersene perché non c'è nessun altro protagonista che gli assomigli al mondo. Il Papa è solo».
Tra i massimalisti è rispuntato l'anti-atlantismo.
«Sono più colpito dalla conversione al neo-atlantismo della sinistra. La sinistra, comunista o socialista, è stata portatrice di una cultura pacifista e neutralista. Ricordo che chi ha coniato il termine "a-comunista", Riccardo Lombardi, era presidente dei partigiani della pace. Poi esiste chi ragiona come i conservatori, secondo cui la Russia sarebbe erede dell'Urss. Ma non è rilevante».
Che cos'è rilevante?
«Il gigantesco centro che sta costruendo un nuovo pensiero unico. Guardi il grado di consenso nello schieramento parlamentare! Guardi il riarmo! Le parole del Papa hanno trovato eco in Parlamento? La grande area si muove in maniera omogenea. In questo neo-atlantismo, c'è il soffocamento dell'autonomia politica europea».
L'Europa sta intervenendo in ritardo?
«L'Europa arriva ad un appuntamento così drammatico in una condizione di nanismo politico. Ha galleggiato sui processi: prima sulla globalizzazione, poi rispetto alle prime crisi della globalizzazione. Si è adattata, anche in modo utile, ma sempre con un atteggiamento congiunturale. Siamo su un convoglio guidato da altri. Una perdita per il mondo, non solo per noi».
Sulla condanna a Putin non è critico, però.
«È il principale colpevole perché ha scelto la guerra. Ha una colpa storica imperdonabile. Il fatto che gli altri non siano innocenti, a partire dalla Nato, non giustifica e non spiega questa scelta devastante».
Cambierebbe qualche opinione sulle invasioni dell'Urss?
«Per Budapest ero troppo piccolo.
Per Praga la pensai come Il Manifesto, secondo il titolo di Pintor: "Praga è sola". Costituiva una critica forte anche al Pci, che pure era stato contro l'intervento sovietico, ma non sufficientemente a favore delle forze che in Cecoslovacchia si opponevano al potere dell'Urss».
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