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Spagna, l'ora della verità. Feijóo punta al governo (ma Sánchez sogna il bis)

Il leader del Pp in vantaggio: può spodestare il premier socialista. Il ruolo della destra di Vox

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Il popolare Alberto Núñez Feijóo ha una doppia occasione dinanzi a sé: non solo vincere le elezioni politiche di domani in Spagna, ma incrementare l'onda blu conservatrice così da arrivare alle euro urne del prossimo anno con la possibilità di cambiare i valori nel Parlamento europeo e nella Commissione. Alla sua destra Santiago Abascal, che ha portato Vox in terza posizione, di fatto la vera sorpresa di questo scenario ispanico: con il suo 13%, il movimento di destra vicino a Fratelli d'Italia potrebbe consentire al Partito popolare, accreditato di 140 seggi su 350, di creare una coalizione solida nei numeri e guidare la Cortes, ovvero il Parlamento, grazie ai 36 seggi di Vox.

Il voto postale, già andato in scena la scorsa settimana, ha fatto registrare un'affluenza record con il 94%, dati mai registrati dal 2008. Dove sta perdendo terreno Pedro Sánchez? Intanto ha deciso per le elezioni anticipate, dopo che la coalizione del Psoe e i suoi partner di estrema sinistra hanno subito gravi perdite nelle recenti elezioni regionali. Sta inoltre attaccando Vox, non nel merito delle tesi, ma additando ideologicamente la terza forza politica spagnola di aver portato solo «odio, insulti e bugie», alludendo alla fase franchista del 1973. Alla generale insoddisfazione nei confronti delle sue politiche, si sommano alcuni settori specifici del paese, che accusano il premier uscente per la gestione della pandemia, per politiche troppo radicali e poco strutturali, e per una ripresa economica che di fatto è lenta, con lo spread Spagna-Grecia quasi azzerato.

Ne ha approfittato sagacemente il popolare Feijóo, che ha accusato Sánchez di aver utilizzato la «spazzatura» del suo rapporto con il narcotrafficante Marcial Dorado per «cercare di screditare» il leader popolare. Feijóo ha ammesso che, quando ha incontrato Dorado, «era stato un contrabbandiere, mai un narcotrafficante». «Se prendo l'emeroteca Sánchez e le foto di Yolanda Díaz, beh, sono lì con dittatori, con persone accusate di traffico di droga; persone che non sono potute entrare nell'Ue perché gli era stato proibito di entrare in territorio Schengen...», alludendo alla vicepresidente venezuelana Delsy Rodríguez.

L'elezione a Madrid però abbraccia anche gli scenari a Bruxelles: nel congresso di Dublino del 2014 il Ppe era «al governo» in 17 Paesi Ue su 28, nel 2021 solo in 7. Tra il 2023 e il 2024 i numeri sono cambiati, come dimostrano le vittorie del centrodestra in Italia, Grecia, Polonia, Finlandia, Svezia e Bulgaria. Di fatto domani si terranno anche in Spagna le prove generali di ciò che accadrà tra un anno a Bruxelles, con la possibilità di avere una Commissione politica di centrodestra dopo la parentesi «merkeliana» che si è riflessa in una commissione di larghe intese.

Ma non è tutto, perché di fatto prosegue la crisi delle socialdemocrazie europee, come confermano le difficoltà dell'Spd in Germania (che dopo vent'anni ha perso il comune di Berlino), la piazza francese anti Macron, la nuova debacle di Syriza in Grecia, che si sommano al trend in difficoltà del Pd italiano.

Il clima nelle sinistre europee non è dei migliori, come dimostra il timing con cui il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans ha deciso di lasciare Bruxelles per guidare il partito socialista olandese nelle prossime elezioni politiche, dopo le dimissioni a sorpresa del primo ministro liberale Mark Rutte.

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