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Lo spread sconta già il rialzo dei tassi Bce. E Dombrovskis richiama l'Italia sul maxidebito

Il differenziale Btp-Bund sopra quota 160. Ma Lagarde cerca di rassicurare

Lo spread sconta già il rialzo dei tassi Bce. E Dombrovskis richiama l'Italia sul maxidebito

«Vengo anch'io, per vedere l'effetto che fa». Dalla conferenza stampa di giovedì scorso in cui Christine Lagarde ha sdoganato un possibile rialzo dei tassi anticipato da parte della Bce, sui mercati è in corso una grande ammucchiata: si picchia duro, di concerto, sugli spread. Quello fra Btp e Bund ha strappato ancora all'insù, portandosi ieri fino a quota 162 (158 in chiusura), il livello più alto degli ultimi due anni, ma sotto pressione sono finiti anche i titoli decennali greci, spagnoli e francesi. L'alto debito è certo elemento di debolezza in comune. E certo la vulnerabilità aumenta se poi il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, avvisa che «appena possibile, gli Stati devono iniziare a ridurre il deficit e riportare il debito in un percorso di riduzione». Gelido invito a rientrare nei binari dell'austerity benché il Covid non sia ancora ai titoli di coda, la ripresa, anche per effetto dell'onda montante dell'inflazione, abbia perso slancio ovunque e le discussioni per riformare in senso più flessibile il Patto di Stabilità abbiano appena preso le mosse.

Come d'abitudine, non appena i differenziali di rendimento scartano dalla monorotaia della stabilità, s'alzano i pianti dal coro di prefiche. Seppure il voto per il Quirinale abbia garantito il mantenimento del ticket Mattarella-Draghi, considerato fino alla scorsa settimana la miglior garanzia in termini di saldezza e credibilità per il Paese, c'è già chi prefigura il ricorso del fondo salva-Stati Mes da parte dell'Italia. Ovvero, l'anticamera della bancarotta. Vaticini funesti (e fuori luogo) a parte, va dato conto che per ogni aumento strutturale, cioè duraturo, di 50 punti dello spread, il Tesoro rischia un maggiore esborso annuo attorno agli 1,5 miliardi di euro. Non poco, in un momento in cui scarseggiano le risorse perfino per sterilizzare quei rincari energetici che colpiscono famiglie e imprese, e mentre il rallentamento della crescita rischia di vanificare l'azione di alleggerimento del debito, ora sopra il 150% del Pil.

Se davvero la Bce dovesse compiere una virata in senso restrittivo, per l'Italia sarebbero problemi. Oltre al maggior onere sul debito derivante dal rialzo dei tassi, dovremmo pagare un dazio supplementare proprio per effetto dello spread. Ma davvero l'Eurotower ha i margini per varare due strette quest'anno, una in settembre e una in dicembre, come sostiene Goldman Sachs? Davanti all'Europarlamento, la Lagarde ha ribadito ieri che ogni aggiustamento sarà graduale e che «non si verificherà un aumento dei tassi prima del termine dei nostri acquisti netti di asset». Ovvero, non prima di ottobre. In caso contrario, si dovrebbe pensionare anzitempo il vecchio Qe di Draghi, peraltro rafforzato di recente nell'ammontare degli acquisti per garantire all'Eurozona un paracadute nel momento in cui, il prossimo marzo, si esaurirà il piano anti-Covid (Pepp) da 1.850 miliardi.

Gli spazi per un duplice giro di vite al costo del denaro sembrano quindi esigui. Tanto più se la crescita, su cui Omicron «ha avuto un impatto negativo», perdesse ancora smalto. La tenuta della ripresa e l'andamento del carovita (ora al 5%) determineranno la rotta. «La prospettiva per l'inflazione è incerta - ha detto la presidente della Bce - , è probabile rimanga elevata più a lungo di quanto atteso precedentemente, ma che declini nel corso di quest'anno.

Le misure basate su sondaggi indicano che l'inflazione tornerà al 2% entro il 2023 e resterà prossima a questo livello in seguito».

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