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Stop alle auto tradizionali dal 2035

Il Consiglio Ue dell'Ambiente non ci ripensa. Ultima speranza: la verifica del 2026

Stop alle auto tradizionali dal 2035

Produzione di sole auto elettriche dal 2035 e contestuale stop ai motori a benzina, Diesel, ibridi, Gpl e metano. Dopo l'Europarlamento, anche il Consiglio Ambiente Ue, non senza accesi dibattiti e spaccature, come è accaduto nel governo liberal-verde tedesco, ha detto sì al piano «Fit for 55» di decarbonizzazione. Resta comunque aperta una porta a favore dei carburanti sintetici e dei biocarburanti, insieme alla tecnologia ibrida ricaricabile. Nel 2026, infatti, ci sarà la verifica da parte di Bruxelles - per arrivare a un eventuale ok al loro utilizzo post 2035 - sullo stato di sostenibilità di questi combustibili, cioè se le emissioni di CO2 saranno state azzerate. Il Consiglio Ue ha anche dato l'ok al cosiddetto «emendamento Ferrari» che concede una deroga per i tagli delle emissioni sino alla fine del 2035 per i piccoli costruttori, come quelli che operano nella «Motor Valley» emiliano-romagnola.

Sugli eco-carburanti, intanto, è pessimista l'olandese Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue, tra i sostenitori del «tutto elettrico»: «Finora - afferma - non sembra una possibilità realistica quella dell'uso dei combustibili sintetici che risultano proibitivi come costi. Ma siamo aperti a valutare, se i produttori pensano, per quella data, di poter provare il contrario».

Per l'industria petrolifera (e se ne saprà di più il 5 luglio all'assemblea di Unem), la porta del 2026 rappresenta un'opportunità che porterà a una forte accelerazione allo scopo di presentarsi con i parametri dei combustibili green richiesti. FuelsEurope, la lobby continentale del settore, è già al lavoro.

Dal ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, arrivano rassicurazioni alla filiera dei carburanti: «Il motore a combustione - sottolinea - resta; in Europa non si può imporre di cambiare auto, rimarranno per lustri tanti veicoli a combustione. È vero, i carburanti sintetici sono costosi e li dovremo incentivare, un sacrificio che va fatto». Portabandiera per l'Italia al Consiglio Ue è stato proprio Cingolani, che con il collega Giancarlo Giorgetti e il suo vice allo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto, si è dato da fare per tutelare la filiera automotive, mettendo anche in risalto le difficoltà sul fronte energetico e di sostenibilità sociale di scelte influenzate dall'ideologia.

«Ringrazio Cingolani per aver sostenuto la nostra posizione e quella espressa dal recente Tavolo automotive - osserva Pichetto -. Ora si apre una nuova sfida a fianco dell'elettrico e di tutte le nuove tecnologie a esso connesse. Apprezzo la deadline del 2026 per la verifica dello stato di avanzamento rispetto a tecnologie e ricerche necessarie al raggiungimento della neutralità climatica». E Antonio Tajani, presidente della Commissione Afco (Affari costituzionali) dell'Ue: «Il risultato al 2035 non ci soddisfa, anche se ci sono alcune piccole aperture che vanno nella direzione che abbiamo indicato: impedire il blocco della produzione di auto non elettriche. Credo che dovranno ricredersi nei prossimi anni, perché la soluzione scelta rischia di creare decine di migliaia di disoccupati in Italia e in Europa».

Reazioni anche dai sindacati.

Secondo Rocco Palombella (Uilm), occorre «accelerare subito i tempi sulle misure che prevedano la ridefinizione dell'intera filiera della componentistica, una rete di colonnine capillare, la piena salvaguardia occupazionale nelle realtà produttive e la riqualificazione professionale per i lavoratori che dovranno affrontare, in prima persona, questo cambiamento».

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