Guerra in Ucraina

Stop alle forniture, rinnovabili flop e veti. La tempesta perfetta sull'energia italiana

Non solo il taglio di gas russo. Tanti i fattori per cui si rischia la Caporetto energetica. Dalle trivellazioni ferme alla siccità che minaccia le centrali idroelettriche: lo spettro del razionamento è sempre più concreto

Stop alle forniture, rinnovabili flop e veti. La tempesta perfetta sull'energia italiana

La tempesta perfetta in campo energetico si sta abbattendo sull'Italia e l'Europa e, se i primi effetti sono già visibili, il peggio deve ancora arrivare nei prossimi giorni, non a caso il governo deciderà in settimana se dichiarare lo stato di allarme. Se la ragione principale della crisi energetica è imputabile al conflitto in Ucraina e al taglio delle forniture di gas da parte della Russia, sarebbe semplicistico identificare le cause solo in queste motivazioni.

Senza dubbio la decisione di Gazprom di fornire solo il 50% di gas concordato con Eni ha accelerato una situazione già complicata che rischia di precipitare se la Russia dovesse interrompere del tutto il flusso verso l'Italia. Nonostante l'attivismo del governo italiano con l'aumento di forniture di gas dall'Algeria, dal Tap e l'incremento dei rigassificatori, ad oggi la sospensione totale del gas russo comporterebbe un impatto ingente per la nostra economia. Sostituire in pochi mesi un fornitore che garantiva oltre il 40% di approvvigionamento è infatti impossibile.

Ma la carenza di gas dalla Russia è accompagnata da altri fattori concorrenti:

1) La guerra della sinistra all'estrazione di gas italiano. Che non sarebbe la panacea di tutti i mali ma potrebbe aiutare, evitando contraddizioni per cui Croazia, Grecia, Albania attingono dagli stessi giacimenti di cui l'Italia non usufruisce nel mar Adriatico. Il ministro Cingolani ha prospettato l'utilizzo della trivellazione in caso di stato di allarme, perché non attivarsi da subito?

2) Gli errori della transizione ecologica. Le modalità con cui l'Europa l'ha affrontata sono fallimentari. Da un lato si è proceduto troppo velocemente nel dismettere le fonti energetiche tradizionali chiudendo numerose centrali a carbone (che ora tornano ad essere utilizzate) e nucleari (in Germania); dall'altro si è andati a rilento per la realizzazione di nuovi impianti di rinnovabili. Secondo il rapporto di Legambiente «Comunità rinnovabili», se si continuano le installazioni ai ritmi attuali, il target di 70 nuovi gigawatt invece di essere raggiunto nel 2030 come previsto «rischia di slittare tra 124 anni». Peraltro, come emerge dall'ultimo rapporto dell'Agenzia internazionale dell'energia, nell'Ue si è registrato un calo del 4,7% della produzione da rinnovabili. Nell'ultimo anno hanno pesato nel mix circa per il 39% in Italia, contro una media Ue del 42%, scese a marzo al 26% a causa delle basse precipitazioni. Un calo avvenuto anche in Germania per la diminuzione di produzione dell'eolico. Un monito per i fautori di un mercato energetico basato solo sulle rinnovabili che hanno escluso il gas dalla tassonomia verde europea.

3) La siccità che incide sulla produzione di energia idroelettrica. La carenza di acqua impatta sulla produzione di energia idroelettrica e, se nei prossimi giorni non dovesse piovere, rischiamo di trovarci in una situazione per cui bisognerà scegliere se irrigare i campi e utilizzarla per i rubinetti di casa o produrre energia con le centrali idroelettriche. Secondo Federico Caner, coordinatore del settore agricoltura della Conferenza delle Regioni, non si potrà fare a meno di chiedere al governo un intervento per far prevalere l'utilizzo di acqua per uso umano e agricolo rispetto a quello energetico. Già da ora Edison in Lombardia ha deciso di incrementare per i prossimi dieci giorni i rilasci d'acqua a valle degli invasi dalla Valtellina riducendo così ulteriormente la produzione di energia idroelettrica.

Chi paga le conseguenze di questa situazione? I cittadini europei, ma in particolare quelli italiani poiché una nazione come la Francia può contare sull'energia prodotta dalle centrali nucleari che, oltre ad aumentare l'indipendenza energetica nazionale, attutisce le conseguenze di congiunture internazionali sfavorevoli come le attuali. Non a caso, secondo le stime dell'Osservatorio Confcommercio Energia, tra gennaio e aprile 2022 il prezzo delle bollette elettriche per le imprese del terziario è salito mediamente del 61%, mentre il prezzo del gas del 21%. Allargando il confronto su base annua (tra aprile 2021 e aprile 2022), gli aumenti di elettricità e gas raggiungono addirittura una forchetta tra il +110% e il 140%.

Un salasso destinato a crescere con uno spettro che incombe e verso cui ci stiamo dirigendo a passi sempre più spediti: il razionamento energetico.

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