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Sui clandestini nasce un nuovo asse europeo. Roma e Vienna guardano al modello danese

Dopo il vertice Nehammer-Meloni a Palazzo Chigi, si sta delineando un fronte comune che punta a bloccare gli sbarchi sulle nostre coste

Sui clandestini nasce un nuovo asse europeo. Roma e Vienna guardano al modello danese

Lui guarda ad un nuovo asse europeo sui migranti. Lei è pronta ad aiutarlo se, in cambio, l'Austria accantonerà l'annosa questione dei movimenti secondari e la pretesa di restituirci gli «irregolari» transitati oltre il Brennero dopo esser approdati nel nostro Paese. Sfumature a parte la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il cancelliere austriaco Karl Nehammer, incontratisi martedì a palazzo Chigi, la pensano allo stesso modo. Anche perchè l'unico modo per bloccare i movimenti «secondari» è arrestare quelli «primari», ovvero gli sbarchi sulle nostre coste. E su questo il cancelliere austriaco ha idee molto chiare. «La Presidente ed io cerchiamo di raggiungere degli accordi analoghi a quanto ha fatto la Danimarca» - ha spiegato Nehammer al termine del vertice romano. Parole capaci di far saltare sulla sedia non solo i fautori dell'accoglienza senza limiti di casa nostra, ma anche gli euro-burocrati impegnati da tre anni e passa a montare e smontare la moderna tela di Penelope chiamata Patto su Asilo e Migrazioni. Un Patto di cui si dovrebbero intravvedere linee e contenuti già al Consiglio Europeo di giugno. Ma si tratta, già si sa, di novità ben lontane dal soddisfare i Paesi più interessati dai flussi migratori ai quali verrà consentito di redistribuire in Europa poche migliaia di migranti all'anno.

Numeri irrisori per un'Italia che quest'anno supererà di gran lunga i 100mila arrivi e continuerà - vista la mancata modifica del Trattato di Dublino - a doversi sobbarcare gran parte dei migranti privi di requisiti per l'asilo sbarcati sulle proprie coste. Ma non soddisferà neppure l'Austria e altri paesi costretti - vista l'impossibilità di sigillare i confini esterni e di procedere con rimpatri più decisi - a far i conti con tutti gli «irregolari» in sovrannumero. Irregolari non «redistribuibili» - che continueranno quindi a cercar di lasciare i paesi di primo arrivo come Grecia, Spagna e Italia per muovere verso il cuore dell'Europa.

Proprio per questo Nehammer, e in cuor suo anche Giorgia Meloni, guardano al modello della Danimarca, dove la coalizione di centro-sinistra al potere - non paga di aver deliberato il trasferimento in Rwanda dei migranti in attesa di asilo e la deportazione nelle carceri kosovare di quelli condannati a pene detentive sta allargando i rimpatri anche ai siriani residenti nelle zone non più toccate dalla guerra come Damasco, Tartus e Latakya.

Ad oggi quel modello, applicato senza esitazioni dalla premier social-democratica Mette Frederiksen, è l'unico, fra i tanti sperimentati nella Ue, a funzionare. E i numeri lo dimostrano. Nel 2014 la Danimarca era al quinto posto nell'Unione per richieste d'asilo. Oggi - dopo dieci anni di leggi sempre più restrittive - occupa il 19mo posto nella stessa classifica. Sulla base di quei risultati il Cancelliere austriaco lavora ad accordi e intese per trasformare l'esempio di Copenaghen in un modello europeo.

La sua trasferta romana segue, non a caso, quella del 30 e del 31 marzo quando è volato prima dall'omologo svedese Ulf Kristersson, interessato pure lui all'introduzione di politiche più restrittive, ed ha poi fatto tappa a Copenaghen dove ha discusso le future strategie europee con Mette Frederiksen.

L'obbiettivo di questi incontri, compreso quello di mercoledì con Giorgia Meloni, è la creazione di un nuovo asse capace di presentare al Consiglio Europeo di giugno proposte più chiare e rassicuranti di quelle intravviste nell'opaca bozza del Patto su Asilo e Migrazioni messo a punto da Bruxelles.

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