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Travaglio condannato: risarcirà la Casellati. La diffamazione costa 38mila euro al "Fatto"

Cinque articoli contro la presidente del Senato: puniti anche due cronisti

Travaglio condannato: risarcirà la Casellati. La diffamazione costa 38mila euro al "Fatto"

Più di 38mila e 200 euro per cinque articoli. Questa è la somma che la società editrice del Fatto Quotidiano, il direttore Marco Travaglio e due giornalisti del quotidiano dovranno versare alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, bersaglio di una campagna mediatica in cui il giornale non ha risparmiato di coinvolgere la figlia della seconda carica dello Stato, Ludovica. Il tutto condito da accuse di maltrattare in Aula «chiunque le capitasse a tiro», di aver fatto i «capricci» in aereo e di incassare un «megavitalizio». Per il Fatto Casellati è colpevole di aver posato per una foto con una sua amica stilista e con il figlio dell'amica, che aveva avuto una condanna per palpeggiamenti. Colpevole di portare un doppio cognome, tanto da meritarsi il nomignolo di Casellati Mazzanti Vien dal Mare, a fare il verso alla Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di Fantozzi. Per tacere dell'altro soprannome affibbiato alla presidente del Senato: Lady Casta.

Ai giudici non mancava il materiale per condannare per diffamazione la Società Editoriale il Fatto Spa, il direttore Marco Travaglio e i cronisti Carlo Tecce nel frattempo passato a L'Espresso e Ilaria Proietti. «Ho vinto la causa di diffamazione contro i giornalisti del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, Ilaria Proietti e Carlo Tecce», dice Casellati. Il resto è scritto nel dispositivo di condanna. La società editrice e i tre giornalisti dovranno pagare all'esponente di Forza Italia 25mila euro a titolo di risarcimento danni. Poi c'è la riparazione pecuniaria: condannati al versamento di 2mila euro ciascuno Travaglio e Proietti e di mille euro Tecce. Infine il rimborso delle spese: 940,90 euro più 7mila e 254 euro di onorari, oltre a Iva, Cpa e 15% di rimborso spese generali. Senza contare la pubblicazione della sentenza sul Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Il Gazzettino e Il Mattino, naturalmente «a cura e spese dei convenuti».

Eloquenti i titoli degli articoli incriminati. Si parte con «Le marchette di Mamma Casellati alla figlia Ludovica» del 17 novembre 2019. Poi abbiamo «Bestemmie & cazziatoni. È Casellati show al Senato» datato 20 giugno 2020 e «Elisabetta Casellati cuore di mamma (e di megavitalizio)» dell'11 dicembre 2019. Quindi l'editoriale di Travaglio del 10 dicembre 2019, intitolato «La lettera minatoria», che altro non era che una lettera in cui si informavano i giornalisti dell'avvio della procedura di mediazione nei loro confronti. In conclusione un altro pezzo, pubblicato due giorni dopo, sulle presunte minacce della Casellati.

A ben vedere, l'unica notizia sarebbe stata un'assoluzione, non una condanna.

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