Tutte le spine della sanità: pronto soccorso al collasso, dimissioni e rinuncia alle cure. Ma c’è l’aumento per i dottori

Tutte le spine della sanità: pronto soccorso al collasso, dimissioni e rinuncia alle cure. Ma c’è l’aumento per i dottori

I medici si dimettono, esausti per le condizioni di lavoro. I pazienti rinunciano alle cure, scoraggiati dai tempi di attesa per un esame. E chi finisce in pronto soccorso deve farsi il segno della croce, sperando di non capitare nelle mani di un medico in turno da 48 ore filate. La sanità post pandemia è malata, stanca e con mille nodi da sciogliere. Ora che l’emergenza Covid è finita, non è concepibile che i problemi tornino ad essere quelli di sempre.

IN FUGA DAL PRONTO SOCCORSO

Otto medici al giorno abbandonano gli ospedali pubblici: sono ben 9mila le lettere di dimissioni presentate dal 2019 al 2021 e l’ondata non cessa, soprattutto nei pronto soccorso. Come mai? Stipendi risicati rispetto alla mole di lavoro, doppi turni e ferie saltate per non lasciare «buchi». E così sempre più concorsi banditi dalle aziende sanitarie e ospedaliere vanno deserti, com’è accaduto pochi mesi fa al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Il lavoro in prima linea ha perso il suo appeal. Una risposta parziale arriverà dal contratto collettivo, che sarà chiuso la prossima settimana e che prevede aumenti medi di 175 euro al mese per 600mila dipendenti, corrispondenti ad una percentuale di rivalutazione del 7,22%.

I MEDICI A GETTONE

Per non lasciare sguarnito il servizio dei pronto soccorso, gli ospedali ricorrono ai medici a gettone, un esercito di 15mila camici bianchi, giovani e non, gestiti dalle cooperative. Prendono una cifra moto più alta rispetto a quella di uno specializzando o di un medico a inizio carriera: anche mille euro a turno, 3.600 per un servizio di 48 ore. Esternalizzare il servizio era stato dichiarato illegale dal 2018 per non creare la doppia corsia di medici iper pagati ma poco esperti e spediti di volta in volta in ospedali a loro sconosciuti e di medici più ferrati ma umiliati con stipendi bassissimi. Con la pandemia, sono tornati i medici a gettone e mai più smantellati. Tanto che, in base al rapporto Simeu (società di medicina di emergenza e urgenza) rappresentano spesso la metà del personale.

MANCANO DOTTORI

Mancano all’appello circa 4mila medici. E mancando anche posti letto negli ospedali, oltre a un sistema del 118 organizzato in maniera non omogenea su tutto il territorio nazionale. Per superare queste criticità occorre una legislazione di emergenza: per questo la Fiaso, federazione delle aziende ospedaliere, propone un provvedimento straordinario, che resti in vigore per 24-36 mesi, che consenta di assumere nei pronto soccorso sia i laureati in Medicina e Chirurgia abilitati all’esercizio della professione, sia gli specializzandi in regime di libera professione, durante il loro percorso formativo.

CHI RINUNCIA ALLE CURE

Dal nuovo rapporto Istat risulta che nel 2021 l’11% delle persone (circa 6 milioni di persone) ha dovuto rinunciare a visite specialistiche o esami diagnostici di cui aveva bisogno per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio (nel 2019 erano il 6,3%). Le lista d’attesa del sistema pubblico hanno scoraggiato la prevenzione.

MEDICINA SOTTO CASA

I medici Fimmg chiedono di recuperare la prossimità e rafforzare la «base» della medicina con pediatri e specialisti ambulatoriali.

Promettente il discorso della neo premier Giorgia Meloni, che ha deciso di puntare anche su presidi territoriali e cure domiciliari, utilizzando per molti servizi anche la rete delle farmacie: «Bisogna riportare la sanità verso i territori, valorizzare il ruolo dei medici di medicina generale e coinvolgere il sistema delle farmacie perché sono fra i primi presidi sul territorio».

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