Guerra in Ucraina

Pd nel caos: anche Letta ha la sua fronda "pacifista"

Anche il Pd ha la sua fronda pacifista. Da Enrico Rossi a Laura Boldrini sono tanti i perplessi all'invio delle armi all'Ucraina

Pd nel caos: anche Letta ha la sua fronda "pacifista"

Anche il Pd si divide sull'invio delle armi in Ucraina. Enrico Letta non deve guardarsi solo dal 'pacifista' Giuseppe Conte, ma, come si si legge su Italia Oggi, anche da una fronda che sta prendendo corpo all'interno del suo partito e che invita alla cautela e alla pace.

Si tratta di esponenti che, sebbene non ricoprano più ruoli istituzionali, fanno parte della storia recente del Partito Democratico e che perlopiù provengono dalla Toscana. L'ex presidente Vannino Chiti ha espresso le sue perplessità sull'ingresso di Finlandia e Svezia nell'Alleanza Atlantica:"Mi auguro che il governo operi per non ampliare la Nato. Buttare benzina sul fuoco di un incendio devastante non è saggio". Considera l'aumento delle spese militari al 2% del Pil "non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato" anche perché la corsa al riarmo non può essere "in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all'istruzione, al lavoro, all'ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze". Enrico Rossi, altro ex governatore della Toscana, invece, non risparmia critiche sia Mario Draghi sia a Enrico Letta mettendo in evidenza che nell'ultimo vertice Nato si è "passati dal sostenere l'Ucraina contro l'invasione ad aiutarla per la vittoria finale, rifornendola di armi pesanti per colpire sul territorio russo". E questo, unito alla decisione di Biden di stanziare 70 miliardi in armi e aiuti finanziari, significa che si vuole "umiliare la Russia" e "spingere Kiev a credere in una vittoria totale e definitiva". E ancora:"Se davvero vogliamo far cessare il massacro - spiega Rossi - è tempo di dire qualche no a Biden, prendere autonome iniziative diplomatiche, fermare la corsa all'aumento delle spese militari e alla fornitura di armi pesanti all'Ucraina, premendo sulla Russia con sanzioni più dure". L'ex ministro della Salute, Rosy Bindi, ha criticato per la prima volta il segretario Letta spiegando che non si può pensare di preparare la pace attraverso le armi "e non firmando il trattato contro ogni forma nucleare". La Bindi si mostra impressionata dalla "mancanza di lungimiranza politica nell'affrontare i temi della sicurezza e della pace in un momento drammatico". Daniela Belliti, segretaria cittadina del partito a Pistoia, ha restituito la tessera "a causa della posizione assunta e tenuta dal Pd sulla guerra in Ucraina" e per la sua contrarietà all'aumento delle spese militari. Scelte che "hanno evidenziato, nella forma e nella sostanza, una distanza incolmabile dai valori nei quali credo".

Fuori dalla Toscana si sono levate le voci della deputata Laura Boldrini che ha scelto di non votare per l'invio delle armi a Kiev perché ritiene che questo non sia "modo più giusto ed efficace" per fermare Putin. Graziano Delrio, ha ammesso: "Da cattolico vivo questo conflitto con grande angoscia". Pur essendo sostenitore dell'Ucraina, l'ex capogruppo Pd alla Camera ritiene che"la scelta bellicista non può sostituire la politica e la diplomazia, alla Ue è richiesto - come è avvenuto con la pandemia - di fare un ulteriore salto di qualità: dotarsi di un'unica politica estera e di difesa. Fare a gara a chi compra più missili non è eticamente accettabile". Anche il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, è critico per la mancanza di "grandi diplomatici" come quelli del passato:Kissinger e Brzezinski oppure Moro e Andreotti "nostri grandi uomini di Stato, che prima di aprire bocca conoscevano la storia dei Paesi, dell'Europa, e non erano semianalfabeti di ritorno come il segretario della Nato". E, poi, ha aggiunto che non è convinto che "un cambio di potere in Russia",come quello che vogliono gli Usa, possa essere un buon segnale per il mondo. "Io sono fra quelli che ritengono che, se dovesse andare via Putin, viene qualcuno peggiore di lui, non uno migliore", ha detto ponendosi un dubbio: "C'è qualcuno in grado di governare le 30 etnie che ci sono nella Russia?".

Il rischio sarebbe quello di dar vita "un processo di disgregazione generale".

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