Politica estera

Usa, alla Camera finisce l'era Pelosi. Faida tra i repubblicani per la successione

Oggi si inaugura il 118esimo Congresso degli Stati Uniti e si sceglie il nuovo Speaker. A rischio il conservatore McCarthy

Usa, alla Camera finisce l'era Pelosi. Faida tra i repubblicani per la successione

Inizia oggi la nuova legislatura al Congresso americano dopo le elezioni di Midterm dello scorso novembre, che hanno confermato il Senato a guida democratica e riconsegnato la Camera ai repubblicani con una ristretta maggioranza. Il governo diviso renderà complessa la realizzazione dell'agenda dell'amministrazione di Joe Biden, che infatti sta già cercando di promuovere uno spirito bipartisan per evitare di diventare un'anatra zoppa per il resto del mandato. Ma in realtà è in seno al Grand Old Party che ci si attende la prima battaglia del 2023. Alla Camera si è chiusa l'era di Nancy Pelosi (i dem puntano sul cambio generazionale affidandosi al primo leader afroamericano, il 52enne Hakeem Jeffries), e la speaker uscente dovrà consegnare lo scettro del comando al suo successore Gop, tuttavia l'elezione del nuovo leader rimane incerta. Se solitamente è considerata poco più di una formalità, per la prima volta in un secolo saranno necessari forse più round di votazioni, come nel 1923 quando il repubblicano Frederick Gillett fu eletto al nono scrutinio.

Il frontrunner è il 57enne deputato californiano Kevin McCarthy, già leader di minoranza nella passata legislatura, ma una piccola fronda interna rappresentata dall'ala più estremista - i «never Kevin», «mai Kevin» - vuole impedire che raggiunga i 218 voti necessari per vincere le elezioni. Nonostante in novembre sia emerso come il candidato favorito alla carica di speaker tra i repubblicani della Camera con 188 voti contro i 31 del suo rivale Andy Biggs, la vittoria non ha eliminato tutti i dubbi e ora McCarthy deve fare i conti con un gruppo di colleghi che lo considerano troppo legato all'establishment del partito: una ventina non hanno rivelato come voteranno e cinque sono fermamente contro di lui manifestando dubbi sulle sue credenziali conservatrici. Oltre a Biggs, deciso a riproporsi in aula, ci sono Matt Gaetz, Bob Good, Matt Rosendale e Ralph Norman, quanto basta per bloccarlo alla prima votazione.

La matematica ha quindi costretto McCarthy a una serie di equilibrismi politici per cercare di non alienarsi nessuno, oltre ad alcune concessioni all'ala di estrema destra, tra cui la richiesta di cambiare le regole della Camera per rendere più semplice rovesciare lo speaker, e il lancio di varie inchieste contro l'amministrazione Biden, dalla crisi migratoria al confine col Messico alla gestione della pandemia da parte di Anthony Fauci, sino agli affari di Hunter Biden, il figlio del presidente. Alcuni tuttavia, come riportano i media Usa, vogliono di più, a partire da un'indagine ad ampio spettro sull'uso come arma dell'Fbi, del dipartimento di giustizia (ad esempio contro Trump), dell'Irs (il fisco), prendendo come modello la Church Committee senatoriale degli anni Settanta, che scoprì gli abusi dell'intelligence americana. Secondo gli osservatori se l'elezione andrà oltre il primo turno potrebbe emergere una candidatura alternativa in grado di compattare i deputati Gop. Intanto, in un partito quanto mai diviso, si continua a parlare anche della feroce battaglia che attende gli aspiranti candidati alla nomination repubblicana di Usa 2024.

L'ex presidente Donald Trump è già in gara, ma dopo l'emorragia di consensi in seguito alle elezioni di Midterm sono diversi i grandi nomi che potrebbero soffiargli il posto, a partire ovviamente dal governatore della Florida Ron DeSantis, ma anche il senatore del Texas Ted Cruz, l'ex ambasciatrice all'Onu Nikki Haley e l'ex segretario di stato Mike Pompeo.

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