Cronache

Posta video jihadisti, ma viene scarcerato. "Sono corti, non è propaganda"

Arrestato nel 2016 Gafurr Dibrani viene subito liberato. I giudici del Riesame: "Non è apologia del terrorismo ma condivisione ideologica"

Posta video jihadisti, ma viene scarcerato. "Sono corti, non è propaganda"

Il 03 novembre 2016 La polizia arresta un immigrato che risiede a Fiesse, nella Bassa (guarda il video). Si chiama Gafurr Dibrani. Il presunto terrorista viene fermato nell'ambito dell'operazione "Tut elimi" che richiama il titolo di un video pubblicato su internet. "Tut Elimi de Gidelim Cihada", recita in lingua turca il Nasheed (canto religioso). La traduzione non lascia alcun dubbio: "Prendi la mia mano e andiamo al jihad". Non per la giustizia italiana. Che, come riferisce il Corriere della Sera, si affretta a scarcerarlo. Il motivo? Il video è troppo breve per essere considerato propaganda islamista.

Quando l'anno scorso Gafurr Dibrani, 24enne kosovaro, viene arrestato dagli uomini della Digos, l'accusa è pesantissima. Sul suo capo pende il reato di "apologia del terrorismo". Tanto che il ministero dell'Interno firma subito il decreto di espulsione. Ma il tribunale del Riesame non è d'accordo e lo libera perché, a loro dire, non ci sarebbero elementi sufficienti per disporre misure cautelari. Non è la prima volta che lo fa. Due settimane dopo l'arresto, il 18 novembre 2016, il Riesame firma una prima scarcerazione. Gli ermellini della Cassazione non ci stann o e ricorrono. Ma, come riporta oggi il Corriere della Sera, la sentenza del Riesame non cambia. Eppure, stando alle indagini degli inquirenti, Gafurr Dibrani si stava per arruolare tra i miliziani dello Stato Islamico.

Di prove presentate in tribunale contro il kosovaro ce ne sono tante. Tra queste anche alcune fotografie del figlio di appena due anni vestito da mujaheddin. Ma non solo. Gli inquirenti sono riusciti a provare i suoi legami con Anas El Abboubi, un jihadista che, dopo aver vissuto a Vobarno ed essersi fatto qualche anno in carcere in Italia, era andato a combattere in Siria. Il Riesame, però, deve aver creduto alla memoria difensiava del legale di Gafurr Dibrani. "Nei video - spiega l'avvocato - non pronuncia mai la parola Isis".

Così, pur riconoscendo che i video possano "avere valenza di adesione all'Isis", i guidici ritengono "la breve durata della condivisione" sufficiente per ridurne "la potenzialità di propaganda".

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