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Curare la Covid: meglio l'indometacina o il paracetamolo?

Sorprendenti i risultati di uno studio su pazienti ospedalizzati per Covid: l'antinfiammatorio risolve i sintomi più velocemente rispetto all'antipiretico e riduce il rischio di desaturazione

Curare la Covid: meglio l'indometacina o il paracetamolo?
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Già dopo i primi mesi di esordio del virus Sars-Cov-2 diversi medici avevano evidenziato l’importanza di trattate i sintomi della Covid con anti infiammatori non steroidei (FANS). Poiché la malattia si manifesta con una fase virale (nei primi 3 giorni) e una infiammatoria successiva, che porta l'organismo a produrre citochine, molecole pro infiammatorie. Si è osservato che sono proprio queste ultime, quando in eccesso, a provocare sofferenza ai vari organi vitali oltre alla desaturazione polmonare. Da qui la raccomandazione di utilizzare i FANS al posto del semplice anti febbrile (paracetamolo) che porta con sè lo spiacevole effetto di ridurre le scorte organiche di glutatione, il prezioso antiossidante prodotto dal fegato che andrebbe, invece, potenziato durante ogni forma influenzale.

Quale antinfiammatorio?

Antinfiammatori, dunque. Quale è il più indicato contro il Covid? Durante i primi mesi di Covid i FANS venivano proposti indifferentemente, dall’acido acetilsalicilico all’ibuprofene. Di recente è stato pubblicato uno studio che ha osservato l’andamento della Covid in pazienti ospedalizzati: un gruppo è stato trattato con indometacina e l’altro con paracetamolo. L’indometacina è un antinfiammatorio approvato nel 1965.

Lo studio

Sono stati coinvolti 210 pazienti, ricoverati con positività al Sars-Cov-2 e con sintomi della Covid. Sono stati tutti trattati con più farmaci, citati nello studio, in aggiunta ai quali a 103 è stata data indometacina, a 107 paracetamolo.

Nel gruppo indometacina nessuno ha sviluppato desaturazione. D'altra parte, 20 dei 107 pazienti nel braccio paracetamolo hanno sviluppato desaturazione.
I pazienti che hanno ricevuto indometacina hanno anche sperimentato un sollievo sintomatico più rapido rispetto a quelli trattati con paracetamolo, con la maggior parte dei sintomi che sono scomparsi nella metà del tempo. Inoltre, 56 su 107 nel gruppo paracetamolo avevano febbre al settimo giorno, mentre nessun paziente nel gruppo indometacina aveva la febbre. Nessuno dei due gruppi ha riportato alcun evento avverso.

Il 40,3% dei pazienti trattati con indometacina è diventato negativo al virus al settimo giorno rispetto al 28,3% nel gruppo con paracetamolo.

L'obiettivo principale dello studio era comprendere l'efficacia dell'indometacina nel prevenire la desaturazione rispetto al paracetamolo. L'obiettivo secondario era valutare il sollievo sintomatico nei pazienti con indometacina rispetto ai pazienti con paracetamolo.

Il calo di prescrizioni di paracetamolo

C’è da precisare però che alcune Società scientifiche - oltre all’Aifa e all’OMS, raccomandano sempre di usare paracetamolo ai primi sintomi di Covid.

Un’indagine condotta da Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologie Biomediche e Medicina Traslazionale di Milano, ha valutato quanto il paracetamolo sia stato prescritto durante la Covid rispetto agli anni precedenti in cui imperversavano altre sindromi respiratorie.

Gli autori sono ricorsi a un database Health Search, che ha selezionato 747 medici di base, per un totale di quasi 1,2 milioni di pazienti, distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale. Complessivamente, sono stati identificati 46.522 possibili casi di COVID-19 nel 2020 e 32.797 pazienti con sindromi respiratorie nel 2019.

I risultati hanno mostrato un calo di prescrizioni di paracetamolo per la cura dei sintomi da COVID-19 rispetto a quelle raccomandate in epoca pre-pandemica per il trattamento di altre sindromi respiratorie simili (33,4 ogni 1000 e 78,3 ogni 1000, rispettivamente).

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