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“Troppi i farmaci prescritti, gravi i rischi”

Al recente Congresso della Società di Medicina Interna è emerso che il 66% degli italiani assume troppi farmaci (oltre 5 continuativamente in un anno) con gravi rischi di interazioni, perciò i medici stanno valutando le "de-prescrizioni"

“Troppi i farmaci prescritti, gravi i rischi”
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Si cambia registro, con le prescrizioni e con l’eccesso di farmaci. Il principio ispiratore diventa “Less is more”, ossia “meno è più”. Il bisogno di sfrondare l’abitudine di ingerire pasticche arriva da una constatazione dei medici e trova conferma negli studi scientifici ed è stato oggetto di approfondimento all’ultimo Congresso nazionale della Società di Medicina interna.

In Italia il 66% degli adulti assume oltre 5 farmaci e 1 anziano su 3 oltre 10 farmaci l’anno.

Gli esperti riuniti al congresso hanno valutato di ripensare non solo a nuove linee guida ma anche a come de-prescrivere alcune terapie.

La nuova attenzione clinica, che qualcuno ha già paragonato a un movimento di pensiero, si sta diffondendo in tutto il mondo, tra i suoi sostenitori c’è Rita Redberg, direttore della rivista scientifica JAMA Internal Medicine.

“I progressi della medicina non si registrano solo in base al numero di pillole prescritte. A volte, per il bene del paziente, è necessario fare marcia indietro, sfoltendo la loro ‘polifarmacia’, che significa prendere più di 5-6 medicine al giorno, condizione comune in almeno i due terzi degli anziani, come emerso da uno studio americano pubblicato su JAMA International Medicine nel 2016” hanno dichiarato i presenti al Congresso.

Sicuramente, l’allungamento della vita porta con sé anche la comparsa di patologie croniche, che spesso si associano in uno stesso paziente. “Per questo è indispensabile una ‘regia’ centrale, come quella offerta dal medico internista che metta al riparo i pazienti dai rischi di una ‘polifarmacia’ troppo affollata, dovuta alla ‘collezione’ di tante prescrizioni di farmaci diverse, una per ogni specialista consultato, spesso in conflitto tra loro, tanto da provocare interazioni ed effetti indesiderati, che possono pregiudicare la sicurezza del paziente" è ermerso al Congresso. Si stima che il 15% degli anziani sia a rischio di interazione farmaco-farmaco.

La polifarmacia

“Alcuni studi, condotti nell’ambito del programma REPOSI (REgistroPOliterapie della Società Italiana di Medicina Interna), un network di reparti di medicina interna e geriatria italiani, hanno messo ben in evidenza il fenomeno della polipharmacy e le sue ricadute" ha esposto il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna.

Gli eventi avversi

A rischio di effetti indesiderati sono soprattutto le persone con una ridotta funzionalità renale, condizione comune tra gli anziani. Uno studio su oltre 5 mila pazienti over 65 del registro REPOSI, ha evidenziato che almeno la metà mostrava una compromissione moderata della funzionalità renale. Tra i pazienti con ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, coronaropatia e scompenso, all’11% veniva prescritto un dosaggio di farmaci inappropriato rispetto alla funzionalità renale. E, nel follow up, una inappropriatezza prescrittiva si associava ad un aumentato rischio di mortalità per tutte le cause del 50%.

"Il 66% dei pazienti adulti assume 5 o più farmaci e un anziano su tre assume oltre 10 farmaci in un anno (dati OsMed) – ricorda il professor Gerardo Mancuso, vicepresidente nazionale della SIMI – e questa percentuale si è consolidata negli ultimi anni, provocando un aumento delle cause di ricovero per eventi avversi per interazioni farmacologiche. La prescrizione multipla di farmaci talvolta mitiga o annulla i benefeci ed aumenta le complicanze e la mortalità. Nei pazienti anziani il delirium, le cadute, la ipotensione, l’emorragia ed altre condizioni, riconoscono come causa la politerapia. De-prescrivere le molecole farmacologiche è una attività che l’internista deve fare in tutti i pazienti, ma soprattutto negli anziani".

Troppi anche gli esami

“Il less is more – prosegue Sesti – non vale solo per le medicine, ma anche per i troppi esami, alcuni dei quali (le TAC), ad esempio, comportano rischi per la salute legati a un eccesso di radiazioni. Un articolo del National Cancer Institute pubblicato su JAMA Internal Medicine ha stimato che considerando il numero di TAC effettuato nel 2007 sarebbe lecito attendersi un eccesso di 60 mila casi di cancro e ben 30 mila morti in eccesso. Ora di certo, molti di questi esami potrebbero aver contribuito a salvare delle vite, facendo scoprire ad esempio un tumore in fase precoce. Ma la stragrande maggioranza poteva forse essere evitata.

Quindi, anche in questo caso la parola d’ordine è ‘appropriatezza’, soprattutto quando un esame a ‘rischio’ viene prescritto a un paziente giovane”.

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