Serialità

Il Re, Luca Zingaretti e la violenza della giustizia

È in arrivo la seconda stagione de Il Re, serie tv Sky che abbandona la claustrofobia della prima stagione e si avventura nei meandri nerissimi della corsa al potere. Ecco la recensione

Il Re, Luca Zingaretti e la violenza della giustizia

Debutterà il 12 aprile con otto nuovi episodi la seconda stagione de Il Re, la serie original in onda su Sky e in streaming solo su NOW che vede l'attore Luca Zingaretti tornare a vestire i panni di Bruno Testori, il direttore del carcere San Michele che usa una sua moralità e una sua personale idea di giustizia per mantenere l'ordine e debellare qualsiasi rischio. Bruno Testori è il re che dà il titolo alla serie, un uomo tutto d'un pezzo che sa come farsi rispettare e soprattutto sa sempre quali decisioni prendere.

Tuttavia, dopo la fine della prima stagione, Bruno si trova in una situazione nuova, inedita, incarcerato dietro le sue stesse sbarre. E a parlare di questa situazione è lo stesso Zingaretti che, durante le interviste, spiega come Bruno sia caduto "dalle stelle alle stalle. Questo governava in maniera assoluta su un carcere. Aveva quasi diritto di vita e di morte sulla popolazione carceraria. Improvvisamente si trova dentro un buco di cella con tutti che gli vogliono fare la pelle." Ed è proprio questo il punto di partenza della seconda stagione de Il Re.

Il Re, una storia tutta nuova

Bruno Testori (Zingaretti) non è più il re di San Michele. Il PM Laura Lombardo (Anna Bonaiuto) ha avuto la meglio e ora il direttore del carcere è in arresto, costretto in un ambiente marcio dove i nemici sono pronti ad accerchiarlo e a fargli pagare qualsiasi sopruso subito. Mentre alcuni detenuti cercano di capire come far ripartire il traffico di droga, Testori trova uno strano alleato in Gregorio Verna (Fabrizio Ferracane), capo dei servizi segreti che promette a Bruno una risoluzione molto veloce per il suo caso se, in cambio, il direttore lo aiuterà a scoprire tutto quello che c'è da sapere su Vittorio Mancuso (Thomas Trabacchi), un magistrato molto famoso e molto in vista che è ora accusato di omicidio. Bruno accetta l'incarico e con l'aiuto del comandante Sonia (Isabella Ragonese) e dei suoi pretoriani, cerca di scoprire la verità su Mancuso, fronteggiando anche l'avvocato che lo rappresenta (Caterina Shulha). Ben presto, però, il re di San Michele scoprirà che la realtà non è affatto quella che appare e che lui stesso potrebbe aver mostrato il fianco a un nemico che non ha saputo riconoscere immediatamente.

Un mondo nero e dicotomico

Se la prima stagione de Il Re giocava molto sul senso di claustrofobia, spingendo lo spettatore a provare quasi sulla propria pelle il peso delle mura di San Michele che gli si chiudevano addosso, la seconda stagione si apre verso l'esterno, ma lo fa comunque verso un mondo corrotto, pieno di una violenza sotterranea dove è il potere a farla da padrone. Bruno Testori, nella prima stagione, era il re di un microcosmo che aveva le sue regole e le sue eccezioni; all'inizio della seconda è un uomo distrutto, che ha visto crollare le certezze che aveva e che, soprattutto, non può fare altro che guardare la sua vita professionale andare in pezzi come già aveva fatto quella privata. Ed è proprio su questo smarrimento e su questa perdita dei punti di riferimento che si basa il cuore di questa seconda stagione, che punta soprattutto a portare in primo piano l'umanità dei personaggi e anche la loro débacle, le loro incertezze, i loro fallimenti. Lo spettatore diventa dunque, per usare le parole del regista Giuseppe Gagliardi il testimone dello "smarrimento del nostro personaggio in un contesto che ha sempre dominato." E Testori diventa appunto "un re dimezzato".

Un altro aspetto molto interessante è lo scontro dicotomico tra due verità che non sono mai davvero "giuste". Nella prima stagione il protagonista si scontrava con la Lombardo: la sua legge contro quella del PM, in uno scontro che non metteva mai in campo la giustizia, ma sempre un'idea personale di cosa essa dovrebbe essere. In questa seconda stagione, invece, l'aspetto dicotomico è dato dalla violenza. Da una parte c'è la violenza di Bruno, quella svolta per ottenere ciò che serve, ma ancora con un piccolo grappolo di moralità. Dall'altra c'è la violenza sorridente e velenosa di Gregorio Verna, che rappresenta il vero antagonista di Bruno, un uomo che potrebbe essere la sua versione più oscura, quella che Bruno potrebbe diventare se si lasciasse andare a quella violenza che, per parafrasare una battuta della serie, è insita nell'essere umano e, per questo, anche nella giustizia. E questo spunto porta alla messa in scena di un mondo dove c'è la totale mancanza di fiducia nella giustizia e nelle istituzioni: una scelta tematica, questa, che fa sì che Il Re sia una serie molto attuale, perché riesce a rimandare proprio lo scontento del cittadino medio che non si sente più rappresentato dalle istituzioni, né protetto dalla giustizia. Gli sceneggiatori Peppe Fiore e Alessandro Fabbri hanno spiegato che "non volevamo essere didascalici nel cercare di spingere un particolare ritratto dell'Italia, però ci interessava raccontare come a certi livelli il gioco sia duro, difficile e tenuto all'oscuro del nostro sguardo." Il punto, dunque, era raccontare un gioco al massacro di cui le persone non sanno quasi niente, che avviene dietro mura spesse di luoghi su cui nemmeno si focalizza l'attenzione.

Ed è proprio nella rappresentazione di questa corsa al potere, di questa ambizione virulenta e sanguinosa, che Il Re trova la propria via narrativa, realizzando una seconda stagione che è persino superiore alla prima.

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