Cultura e Spettacoli

Un chitarrista da leggenda al servizio del grande jazz

Esordì con Gorni Kramer, accompagnò Billie Holiday ed ebbe la giusta consacrazione negli Usa. Un gigante

Un chitarrista da leggenda  al servizio del grande jazz

«Le sette note e le tre chitarre salutano con tanto affetto Franco Cerri, grande musicista e grande uomo». Così il figlio Nicolas ricorda Franco Cerri, re della chitarra e pilastro del jazz italiano (e non solo) scomparso ieri a 95 anni. Dotato di una tecnica chitarristica adamantina, virtuoso ma dal suono molto colorito e «cool», ha attraversato la storia del jazz con grazia e professionalità. Non a caso era il fondatore della Civica Scuola di Jazz di Milano insieme al pianista Enrico Intra, con il quale negli anni Ottanta aveva formato un duo di vecchietti terribili. Senza nulla togliere al suo stile e alla sua professionalità, era entrato nelle case degli italiani come «l'uomo in ammollo» pubblicizzando una nota marca di detersivo.

Durante la guerra, nel 1943, Franco a 17 anni riceve dal padre la sua prima chitarra, pagata ben 78 lire, alla quale comincia a interessarsi, da autodidatta, nelle pause del suo lavoro di ascensorista alla Montecatini, dove guadagna 11 lire al giorno. La chitarra sembra fatta per lui e viceversa, e trova lavori serali con diverse orchestrine, esibendosi anche nei cortili delle case popolari milanesi. «Quei cortili pieni di gente assetata di musica e di novità - ci raccontava Cerri una volta - pieni di varia umanità, sono stati la vera palestra del mio stile. Non li dimenticherò mai». C'è qualcosa nel suo tocco che colpisce nel profondo e che lo porta quasi subito a lavorare alla radio, con un programma intitolato Radio Tevere, voce di Roma libera. Un programma avveniristico che, a dispetto del titolo che simulava una stazione clandestina romana, trasmetteva da Milano ed era anche ben visto da Benito Mussolini. Alla fine della Guerra comincia la sua attività professionale con l'ingresso nell'orchestra del mitico Gorni Kramer. Le fonti dicono che Cerri sia stato presentato al fisarmonicista dal Quartetto Cetra, ma lui ci ha raccontato di essere stato scoperto da Kramer in uno di quei mitici cortili milanesi. «Stavo facendo un assolo - disse - e appena finii il maestro mi chiese di provare ad accompagnarlo; dopo qualche giorno mi chiamò». E con l'orchestra di Kramer debuttò nel popolare spettacolo Vento del Nord.

Tra le prime canzoni che incise c'è La classe degli asini di Natalino Otto, su cui circola una storia molto divertente. Le sale d'incisione allora non erano come oggi. C'erano pochi mezzi e si faceva tutto artigianalmente. Così, mentre cantava, Natalino Otto si fermò e buttò lì, visto che si parlava di scuola e di interrogazioni: «Cominciamo con l'interrogare il più intelligente. Tu, Franco Cerri, sai dirmi dove si trovano i Pirenei?». E lui, abituato ad improvvisare non solo con la chitarra, rispose argutamente, imitando la voce di Gilberto Govi: «I Pirenei si trovano solo se si cercano». La battuta, per volere di Kramer, è rimasta nell'incisione originale - primo esempio di cabaret nel jazz, ricercatissima dai collezionisti.

Insieme a Kramer lavora anche nei dischi del Quartetto Cetra (ascoltare il recente cofanetto di dieci cd Il Quartetto Cetra e Lucia Mannucci) e, sempre voglioso di novità e nuove esperienze, si infila anche nell'orchestra di Giampiero Bonechi. Sul finire degli anni Quaranta Franco Cerri è già una star conosciuta anche a livello internazionale, tanto che nel 1949, quando nei night club si ascoltava la vera musica, suona all'Astoria di Milano con due giganti come il chitarrista «manouche» Django Reinhardt (da sempre il suo musicista di riferimento) e con il violinista Stephane Grappelli, inventori di un sound molto in voga senza l'ausilio della batteria. L'anno successivo Cerri è pronto per la sua prima band (ne formerà tantissime nella sua lunghissima carriera) e inciderà i primi dischi a suo nome con il Franco Cerri Quintet, in cui spicca l'altrettanto pionieristico sassofonista Franco Ambrosetti. Il suo nome gira sulla bocca di tutti anche in Europa e Cerri mette la sua chitarra al servizio di tutti i più grandi, dal cool di Chet Baker e Gerry Mulligan alle improvvisazioni bebop di Dizzy Gillespie. Personaggio simpatico (come dimostra anche la pubblicità tv citata) a tratti si diverte a fare l'attore e il ballerino, lavorando persino con Renato Rascel. Indimenticabile il concerto del 1958 con la regina del jazz Billie Holiday (quella che faceva piangere il pubblico con Strange Fruit, brano sull'impiccagione di un nero, che è appunto lo strano frutto che penzola da un albero) allo Smeraldo di Milano che, davanti ad un pubblico non adatto alla sua sensibilità, la fischiò sonoramente. Ma la Milano del jazz organizzò un nuovo concerto al Teatro Gerolamo con Mal Waldron al piano e Cerri nell'inedito ruolo di contrabbassista che fu un successo assoluto. (Cerri suonerà il contrabbasso in numerosi gruppi, anche al fianco di artisti come Lee Konitz). Nel 1966 la consacrazione definitiva in Usa, dove suona al Lincoln Center di New York incantando il pubblico. Musicista completo e disponibile, è anche un ricercato session man che incide nei dischi di Bruno Martino (per il quale scrive anche brani come Se mi vuoi), Renato Carosone, Nicola Arigliano (altro artista molto dentro nel jazz italiano per cui scrive le sardoniche La riconoscerei tra mille e Passavo di qui) e spesso in televisione con Mina, di cui si ricorda una splendida versione di Corcovado di Jobim.

Gli anni Settanta sono quelli dei Quartetti di Franco Cerri (in cui militano future star come Tullio De Piscopo alla batteria) nei locali più in voga di Milano. Tornerà anche a suonare con Stephane Grappelli in concerti contraddistinti dall'eleganza e dal fascino del suono dei due artisti. Dal 1980 torna a sperimentare il duo con Enrico Intra ma non dimentica il pop e si presenta a Sanremo nel 2005 con Nicola Arigliano e nel 2013 ospite d'onore accompagnando due jazzmen di nuova generazione come Simona Molinari e Peter Cincotti. La sua ultima apparizione televisiva è stata nel 2014, al Musichione, dove ha rielaborato in versione swing Vattene amore di Mietta, insieme a lei e ad Elio e le Storie Tese.

Per i suoi 90 anni Milano lo ha voluto sul palco del teatro Dal Verme per una serata all'insegna del ricordo senza nostalgia.

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