Cultura e Spettacoli

"Mi sono messo nei panni di Bortuzzo"

Intervista a Giancarlo Commare, protagonista di "Rinascere", il film tv di Rai1, tratto dal libro di Manuel Bortuzzo

Giancarlo Commare: "Così mi sono messo nei panni di Bortuzzo"

È tranquillo e sorridentte Giancarlo Commare, ma anche molto emozionato per il successo che ha avuto con Rinascere il film tv andato in onda in prima serata su Rai Uno e prodotto da Moviheart, dove ha interpretato Manuel Bortuzzo. Un misto di forti emozioni sul set, ma anche durante l’incontro con Bortuzzo che si è detto entusiasta della sua recitazione. Ma Commare, uno degli attori emergenti italiani più amati, non è nuovo a questo tipo di recitazione in cui mette in gioco soprattutto la parte emotiva. I giovani lo hanno amato nel personaggio di Edoardo in Skam Italia, dove apparirà anche nella nuova stagione, ma è stato anche Antonio nel film Maschile Singolare, per cui ha vinto il premio Fabrique du cinema Awards, come miglior attore. E ancora Jamie, nel musical Tutti parlano di Jamie, dove ha vestito i panni di un adolescente abbandonato dal padre, che ha un sogno ambizioso: essere libero di esprimere se stesso anche attraverso abiti femminili. Ruoli diversi che hanno messo in mostra la sua versatilità come attore, ma anche la sua "empatia" con i personaggi.

Cosa ha pensato quando ha saputo che avrebbe interpretato Manuel Bortuzzo?

“Devo essere sincero? Ho avuto una paura pazzesca. Ovviamente ero contentissimo, ma allo stesso tempo mi sono reso conto che stavo per prendermi una responsabilità non indifferente. Quello che mi premeva era riuscire a dare dignità a quello che Manuel in quei momenti aveva vissuto. È stato difficile entrare nei pensieri e nelle emozioni di una persona che ha avuto una storia assurda come la sua. Tra l'altro nel periodo in cui giravamo, lui era nella casa del Grande Fratello Vip, per cui non ci siamo potuti confrontare. Per fortuna grazie al regista Umberto Marino che mi ha rassicurato, e al libro di Bortuzzo da cui è tratto il film, sono riuscito a trasformare l'ansia in emozioni".

Come si è preparato?

“Ho saputo che ero stato scelto dieci giorni prima di iniziare le riprese. In quel breve periodo mi sono allenato tanto in piscina con un trainer, perché dovevo interpretare un nuotatore olimpionico. Ho dovuto anche rafforzare e ingrossare il mio fisico, perché Manuel è uno sportivo. Sul set ho poi incontrato anche Kevin, il fratello di Bortuzzo, che mi ha aiutato molto. Mi ha dato consigli sul modo di nuotare, e in alcune inquadrature ha fatto anche la mia controfigura”.

Alla fine però Bortuzzo lo ha incontrato. Lui si è detto entusiasta della sua interpretazione, a lei che effetto ha fatto conoscerlo?

“Un incontro molto bello, dove non c'è stato bisogno di parole. Ci siamo solo abbracciati, e quella stretta ha raccontato molte cose. Osservandolo l’ho ritrovato nella mia interpretazioni e nelle emozioni che ci ho messo. Sul set ho dovuto affrontare scene, come quando Manuel si risveglia in ospedale, dove dovevo mettere in campo sensazioni che non avevo vissuto. Spesso mi hanno fatto stare male, ma inevitabilmente mi hanno avvicinato a lui. Perché è proprio attraverso l’arte che empatizziamo con i nostri personaggi. Quindi mettermi nei suoi panni mi ha fatto entrare nella sua storia”.

Lei ha sempre interpretato personaggi psicologicamente impegnativi. Da Antonio nel film Maschile Singolare, a Jamie nel musical Tutti parlano di Jamie, e ovviamente Bortuzzo in Rinascere. Cosa le hanno insegnato?

“Quando devo affrontare un personaggio è come se andassi a conoscere una persona. Quando la scopri a fondo e la sai ascoltare, ti insegna sicuramente qualcosa. C'è sempre uno scambio. Per questo quando finisco un lavoro, spesso mi sento molto più arricchito. Perché i personaggi che interpreto allargano le mie vedute e mi insegnano a vedere le cose da un nuovo punto di vista. Interpretare Manuel mi ha dato la conferma di questo. Nella vita a volte ci danniamo per sciocchezzze, quando poi ci sono situazioni veramente importanti. Però anche in questi casi, dobbiamo trovare la forza per andare avanti, perché c'è sempre una soluzione ai problemi. So bene che è molto difficile, però è fondamentale”.

Quanto lavora sull’empatia?

“Molto. Penso che l'arte non serva soltanto a dilettarci, ma che la sua vera funzione sia creare empatia. È fondamentale per la crescita dell’essere umano, per il suo sviluppo e per non rimanere ignorante. È quella che crea connessioni tra i pensieri e i sentimenti che le persone hanno. Sono convinto, anche se può sembrare un’utopia, che più arte c'è, meno violenza ci sarà in futuro. Se io riesco a mettermi nei tuoi panni e a comprenderti, di sicuro prima di aggredirti ci penso dieci volte”.

Ha spesso raccontato di non aver avuto un grande rapporto con suo padre e di aver cercato per tanto tempo la sua approvazione. Nel personaggio di Jamie e in quello di Bortuzzo ci sono due figure paterne molto forti. La prima quella di un padre che rifiuta il figlio, la seconda al contrario è un punto di riferimento. Come le ha vissute?

“Da questo punto di vista Jamie è stato in qualche modo un momento catartico, perché ci sono arrivato, e quindi sono riuscito ad interpretarlo, dopo aver lavorato e risolto questo rapporto con mio padre. Non nego però che è stato comunque complicato trovarmi a portare in scena qualcosa di simile a quello che avevo vissuto. Invece nel rapporto di Manuel con il padre, ho avuto l'opportunità di vivere, anche se in scena, qualcosa speciale, con un padre e un figlio che fanno squadra. Entrambi si sostengono e sono un punto di riferimento l'uno per l'altro. Ho guardato a questo tipo di legame con gli occhi pieni d’amore, perché è una delle cose che avrei desiderato e non ho avuto”.

Ha detto: “Dobbiamo smettere di chiedere il permesso di essere quello che siamo”. Lei ci è riuscito, e cosa l’ha aiutato a raggiungere questo obiettivo?

“Venendo da Castelvetrano che è un paesino molto piccolo quando ho detto che volevo fare l'attore, ho ricevuto molte critice. Anche da parte di mio padre. Queste cose in qualche modo me le sono portate dietro e hanno condizionato la mia vita. Il percorso non è stato semplice. In passato ho spesso cercato di dimostrare a mio padre attraverso il mio lavoro che valevo, perché inseguivo il suo amore e la sua approvazione. Oggi grazie a un percorso psicologico, sono arrivato alla consapevolezza che nella vita non devo dimostrare niente a nessuno. Per questo vivo sereno”.

Ha raccontato che da piccolo era rotondetto e che è stato anche bullizzato. Ora dopo tutto questo percorso e la brillante carriera che ha fatto, si è reso conto di essere stato coraggioso?

“Sì ma non è stato semplice. Riuscire a entrare così a fondo dentro di me, andare a scardinare cose ancorate, smussarle e affrontarle, penso sia una delle cose più difficili da fare. Perché poi una volta che le hai comprese, non è che le hai risolte, ci devi ancora lavorare e farci i conti tutti i giorni. Però se decidi di provarci per stare meglio, fai una delle cose più coraggiose che un essere umano possa fare. Non è così scontato. Da questo punto di vista mi sento molto fortunato”.

Considera questa la sua battaglia personale?

“La considero proprio la mia rinascita”.

Il mondo sta vivendo una sorta di regressione. Parlo della guerra, della legge sull’aborto in America. A lei cosa spaventa della nostra società?

“Tutto questo. Il fatto che nel corso della storia come esseri umani, abbiamo avuto esempi di qualsiasi tipo da cui non abbiamo fatto esperienza. Questo vuol dire che quello che c’è stato può ripetersi. Trovo assurdo e vergognoso che per potere e denaro si scenda in strada ad ammazzare delle persone. Questa è una cosa che non concepisco. Il potere è forse la cosa che mi fa più paura”.

Ha indossato spesso panni femminili. Anche tacchi da 15 centimetri per interpretare Jamie. Simbolicamente si è reso conto di quanta fatica facciano le donne?

“Credo che siete pazze a mettervi ogni giorno quelle “cose” per soffrire. Almeno io ho preso soldi per farlo. A parte gli scherzi, ho davvero potuto comprendere quanta fatica fa ogni giorno una donna, a prescindere dai tacchi alti. Simbolicamente mi auguro che sia una sua scelta e non venga imposta da nessuno. Però posso anche dire di aver apprezzato il valore di quei tacchi. Perché una volta che ci sono salito sopra e mi sono abituato, ho capito quanto questi possano, in qualche modo, aiutare a sentirti più forti.

Ovviamente il consiglio è quello di sentircisi anche senza, così almeno si sta più comodi, però se c’è necessità di metterli, facciamolo tutti".

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