Cultura e Spettacoli

Giordano e i colori del melodramma

Il compositore pugliese fu folgorato da Wagner e stimato da Mahler

Giordano e i colori del melodramma

Dopo aver ricevuto notorietà con Andrea Chénier, il compositore Umberto Giordano (1867-1948), che intanto aveva già scritto Fedora, guadagnò l'interessamento e la stima nientemeno che di Gustav Mahler il quale, durante gli anni da direttore artistico dell'Hofoper di Vienna, si batté per portare in scena sia Andrea Chénier, che diresse ad Amburgo il 5 febbraio 1897 considerandola «una delle nuove opere di maggior effetto», sia, nel maggio del 1900, Fedora. Un'autorevolissima conferma di quanto Giordano e le sue opere rappresentassero un gioiellino di composizione e raffinatissima orchestrazione: eleganti melodie, dense ed evolute armonie e pregevoli impasti sonori. Insomma, il compositore pugliese, nativo di Foggia, è una delle stelle della nostra musica.

Eppure, mancava, come nota Michele Girardi nella prefazione di questo libro, una letteratura di qualità e una critica seria su Giordano: ci ha così pensato Agostino Ruscillo, docente di storia della musica al Conservatorio di Foggia, con Umberto Giordano. L'uomo e la musica (Edt, pagg. 504, euro 32) a rimescolare le carte in quel pantheon in cui giustamente non mancano sontuosi altari per Puccini, Mascagni e Leoncavallo, ma non ve n'è anche uno molto più laterale e assai meno addobbato per Giordano (ancora da scontare, probabilmente, la sua adesione al fascismo). Ruscillo ci consegna la figura di un compositore che, benché quasi sempre incasellato tra gli operisti italiani, folgorato da Wagner, fu molto più eclettico. La biografia si legge con piacere e attinge meritoriamente a tutte le fonti, tanto musicali quanto documentali, come i preziosi diari del compositore. La strada intrapresa da Giordano fu controcorrente. Scrive Ruscillo: «In un clima in cui i musicisti e i drammaturghi privilegiavano l'aperta rottura con il passato mediante l'avanzata sperimentazione di nuovi linguaggi, egli rimase fedele al suo credo: è l'uomo il fulcro della sua arte, quell'uomo capace di amore e di odio, di abnegazione e di vendetta, di meschinità e di eroismo».

Un libro assolutamente da leggere per inquadrare più correttamente non solo il compositore foggiano, ma anche la stagione melodrammatica italiana.

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