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"L’uomo dei ghiacci": solito eroismo da pop-corn per Liam Neeson

Action-thriller che, nonostante lo spunto interessante, oscilla tra il ridicolo e la prevedibilità. Da prendere per quello che è: un guilty pleasure per i fan del Neeson versione duro e implacabile.

"L’uomo dei ghiacci": solito eroismo da pop-corn per Liam Neeson

L’uomo dei Ghiacci – The Ice Road è un action- thriller ambientato nell’estremo nord del Canada in cui Liam Neeson torna a vestire i panni dell’eroe impavido. A questo giro, però, complice l’assurdità di alcune situazioni, più che iconico l’attore sembra essere un meme vivente.

Il film di cui è protagonista, del resto, visivamente suggestivo e molto adrenalinico, deraglia nella seconda parte, quando il gusto per l’assurdo ha la meglio e la narrazione perde completamente di credibilità.

L’intrigante incipit vede ventisei uomini bloccati in una miniera a seguito dell’esplosione di una sacca di metano. Sono condannati a morire in circa 30 ore, una volta esaurito l’ossigeno, a meno che non si riesca a liberarli. A questo scopo vengono ingaggiati camionisti che abbiano la temerarietà di intraprendere una missione all’apparenza impossibile: attraversare trecento chilometri di lastre ghiacciate con tir pesanti ognuno trenta tonnellate. Il fatto è che gli strumenti necessari al salvataggio sono tre teste di pozzo e l'unica speranza di portarle in loco è chiedere alle autorità di riaprire la fatidica "strada di ghiaccio" su cui si può transitare solo nei due mesi più freddi dell’anno. Peccato sia già un soleggiato Aprile, quindi il pericolo sia in agguato dietro a ogni scricchiolio. In fragile equilibrio su una superficie pronta a diventare una trappola in qualsiasi momento, il gruppo avanza prestando attenzione a bilanciare la velocità. A rischio di cedimento, lungo il tragitto, non c’è solo il ghiaccio ma anche la tenuta psichica e fisica di conducenti che nutrono reciproca diffidenza. Nella corsa contro il tempo, un’ulteriore insidia: qualcuno opera nell’ombra per sabotare l’impresa.

Suspense e colpi di scena si alimentano di condizioni avverse di volta in volta nuove. Non si assiste solo a scontri e sorpassi azzardati tra camion ma anche a veri corpo a corpo tra chi dovrebbe restare saldo alla loro guida. Sarà per il senso di sfida e per il focus su enormi tir ma “L'uomo dei ghiacci” ha dentro l’eco di altre pellicole, da “Duel” di Spielberg a un titolo a caso della saga di “Fast & Furious”.

La tensione, ben costruita per almeno metà film, va dissolvendo quando la narrazione inizia a rasentare il ridicolo e alcuni personaggi ad avere una tempra invincibile da supereroi. In definitiva, l’unico fascino indiscusso risiede negli scenari, lande bianche di neve incontaminata, perché i dialoghi invece sono ridondanti e sembrano scritti col pilota automatico. Riguardo al personaggio interpretato da Liam Neeson, Mike, siamo di fronte all’ennesima variazione su tema, nel senso che è più o meno sempre lo stesso ma caratterizzato con dettagli di volta in volta specifici: in questo caso è un camionista che vive accudendo il fratello, un veterano con l'afasia che, pur restando un geniale meccanico, è davvero difficile da gestire. Temerario e agguerrito, all’inizio il nostro Mike partecipa alla spedizione per denaro ma, in itinere, diventerà per lui una questione di principio smascherare la sinistra macchinazione che c’è dietro.

“L'uomo dei ghiacci” è un thriller che mette sul piatto un salvataggio drammatico, una cospirazione e una vendetta, tenendo col fiato sospeso per un po’ ma diventando poi la caricatura di se stesso.

Qualcosa che si dimentica rapidamente.

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