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Addio a Claudio Garella, il portiere scudetto del Verona e del Napoli di Maradona

È scomparso a 67 anni lo storico numero uno che conquistò il primo tricolore del Verona e del Napoli. Gianni Agnelli lo definì "il miglior portiere senza mani"

Addio a Claudio Garella, il portiere scudetto del Verona e del Napoli di Maradona

È morto nella notte a 67 anni Claudio Garella, ex portiere di Verona e Napoli. Classe '55, dallo stile unico e inconfondibile, vinse l'unico tricolore nella storia dell'Hellas nel 1985, concedendo il bis due stagioni più tardi col Napoli di Maradona.

La notizia sarebbe stata ufficializzata nella chat degli ex giocatori gialloblù. Garella è scomparso proprio tre giorni prima della giornata inaugurale del campionato che vedrà sfidarsi al Bentegodi le due squadre che lo hanno reso famoso. È deceduto in un'ospedale di Torino per complicazioni cardiocircolatorie dopo che nei giorni scorsi si era sottoposto a un intervento chirurgico al cuore. Garella si trovava in vacanza in Liguria ed era stato ricoverato dopo essersi sentito male. Sono numerosi i messaggi di cordoglio arrivati da tutto il mondo del calcio.

Il ritratto

Dotato di buone doti fisiche, è stato costantemente discusso nella sua carriera per lo stile decisamente poco ortodosso del suo gioco. Uscite spericolate, uso costante dei piedi per parare, scatti di riflessi prodigiosi. In un Verona-Udinese parò addirittura con il sedere e in un Udinese-Cremonese in rovesciata. Queste parate lo resero un personaggio popolare, sul quale i giudizi degli appassionati erano estremamente discordanti.

"Il miglior portiere senza mani". Lo definì così l’Avvocato Gianni Agnelli. E lui reagì così: "Un grosso onore per me, comunque: non è mica da tutti finire tra gli aforismi storici dell’Avvocato. Ma la palla devi sempre prenderla in tutte le maniere, punto. Quando ti ritrovavi davanti gente assetata di gol come Paolo Rossi o Pruzzo, non potevi andare troppo per il sottile! E allora te ne inventavi di tutti i colori, pur restando nell’ambito del regolamento che allora, non dimentichiamocelo, te lo permetteva".

Fu Beppe Viola, giornalista Rai degli anni Settanta, a dedicargli il primo neologismo. "Garellate", sentenziò Viola una domenica per sottolineare un paio d’errori quando giocava alla Lazio. A Roma la critica fu feroce e gli affibbiò l'appellativo di Paperella. Garella, però restò in alta quota e a Verona convinse un giornalista dell'Arena a cambiargli il nome d'arte in Garellik, proprio per lodare l'unicità delle sue parate. Proprio nel Verona di Osvaldo Bagnoli cominciò una nuova carriera che culminò con uno scudetto leggendario.

Le sue parate colpirono anche Diego Armando Maradona, che convinse il presidente Ferlaino ad acquistarlo. A Napoli Garella durò fino allo scudetto perso col Milan nell’88. Poi insieme a Bagni, Giordano e Ferrario venne preso come capro espiatorio di quela sciagurata stagione. Dopo Udine passò all'Avellino dove per un brutto infortunio dovette ritirarsi a 35 anni.

"Voi dite che sono brutto, grasso, sgangherato, clownesco, antiatletico, un portiere da hockey eccetera. Io invece dico che sono un portiere vero e non invidio nulla a nessuno" si difendeva così dalle critiche. Di sicuro mai prima di lui e mai dopo di lui c’è stato un portiere con le sue caratteristiche. Le sue parate resteranno per sempre nella storia del calcio italiano.

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