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La barba rossa di Nico simbolo dell'Italbasket che incendia i Giochi

Tutti pazzi per la nazionale di Mannion, il nuovo leader cresciuto con Curry in Usa

La barba rossa di Nico simbolo dell'Italbasket che incendia i Giochi

La foltissima barba che si è fatto crescere rossa che più rossa non si può, come i capelli non ne nasconde i tratti da ragazzino. Perché quello è, Niccolò Nico Mannion: venti anni compiuti il 14 marzo, nato a Siena da papà Pace e Giulia Bianchi. Lui, americano il cui nome di battesimo si pronuncia peis, è stato uno dei migliori stranieri visti in Italia negli anni '90, mentre lei è stata pallavolista di buon livello. Conosciutisi ai tempi in cui Mannion Senior giocava a Caserta, hanno poi avuto la meravigliosa idea di mettere al mondo un bimbo che avrebbe ereditato dal papà l'intelligenza cestistica e dalla mamma l'esplosività delle gambe. Risultato: Nico si è presto innamorato della palla a spicchi e domenica ha guidato una delle più belle Italia di sempre all'impresa di staccare il biglietto per le Olimpiadi di Tokyo. Diciassette anni dopo Atene 2004, addirittura: da sfavoriti, senza stelle ma con tanta garra. Restituendo orgoglio e dignità a un movimento che in Italia conta oltre dieci milioni di appassionati tra i 16 e i 59 anni, molti dei quali certamente interessati all'Nba ma certo non indifferenti alle gesta dell'Italbasket.

Con il numero uno, a guidare gli azzurri domenica, c'era per l'appunto Nico Mannion: ragazzo pulito che preferisce comunicare in inglese ma che sa esprimersi anche in un italiano più che corretto. È sua la faccia in copertina che riporta la Nazionale di basket ai Giochi, presenza di peso negli sport di squadra. Che ha segnato 24 punti in faccia a Sua Maestà Milos Teodosic. E che lo scorso anno era stato scelto al draft Nba con il numero 48, più in basso rispetto alle previsioni. Dai Golden State Warriors, però: quelli di Steph Curry. «Lavorerò come un matto per meritarmi più minuti possibili», aveva fatto sapere al mondo. Come spesso capita, gli ostacoli non sono tuttavia mancati. Se però al talento abbini passione ed etica del lavoro, si può sempre svoltare. Senza abbattersi, nemmeno quando ti mandano a giocare una decina di partite in G-League, ovvero la Lega di sviluppo dove il bene della squadra conta fino a un certo punto. Invece, Mannion è stato poi richiamato tra i grandi: ha preso il posto di Curry quando ce n'è stato bisogno e, insomma, ha fatto capire che può esserci posto anche per lui dall'altra parte dell'oceano.

Nel frattempo, dopo avere mostrato mirabilie prima alla Pinnacle High School e poi al college negli Arizona Wildcats, Nico era diventato italiano al cento per cento, dopo essere stato tagliato dalla Nazionale Usa Under 16 e avere esordito in azzurro il 1 luglio 2018 a 17 anni, 3 mesi e 17 giorni. «Voglio sfondare in Nba - raccontava -, ma essere un giocatore dell'Italia mi riempie di orgoglio». Il resto è, appunto, storia di questi giorni. Di un'Italia del tutto inattesa ma bellissima e sfrontata. Piena di gioventù e faccia tosta. Con tante stelline pronte a trascinarsi l'un l'altra. Con il sogno olimpico ritenuto impossibile e invece diventato concreto.

Con il figlio di Pace che ama fare la guerra con il pallone in mano e che ha Kobe Bryant come idolo assoluto.

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