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Cannavaro, le dimissioni una lezione. Ma Vigorito dice no e sceglie il ritiro

Dopo la sconfitta col fanalino di coda Como, il Pallone d'Oro voleva mollare. Il presidente gli ha confermato la fiducia

Cannavaro, le dimissioni una lezione. Ma Vigorito dice no e sceglie il ritiro

In un Paese - in una «Nazione», preciserebbe la neo premier Giorgia Meloni - dove chi, forte di un ricco contratto, piuttosto che dare le dimissioni si incolla alla sedia col Super Attak, la decisione di Fabio Cannavaro di «licenziarsi» dalla panchina del Benevento dopo aver racimolato solo due punti in quattro partite, andrebbe acclamata al grido di chapeau! Con tanto di cappello e punto esclamativo. Ma uguale onore andrebbe riconosciuto anche al presidente del Benevento, Salvatore Vigorito, che la lettera del Pallone d'Oro l'ha cestinata, ordinando ad allenatore e giocatori di andare immediatamente in ritiro per una «invertire la rotta». Che, tradotto dal burocratese in «vigoritese», significa: finora siete stati dei pipponi, da oggi in poi cercate di diventare - se non dei campioni - quantomeno dei giocatori degni di indossare la maglia delle Streghe; possibilmente scacciando tutti gli scheletri dall'armadietto degli spogliatoi e mettendo al loro posto completini profumati di vittoria.

Finora mister Cannavaro dall'inizio della sua avventura nel club sannita, retrocesso la scorsa stagione in B e voglioso di ritornare quanto prima in A, ha ottenuto due pareggi nelle prime due uscite contro Ascoli (in casa) e Sudtirol (in trasferta), ma ha perso gli ultimi due match contro la Ternana (in casa) e ieri a Como, ultimo in classifica prima dell'incontro con il Benevento. Che ora - come dicono i comandanti Schettino della cadetteria - «naviga in brutte acque». Col rischio di naufragio in C. Uno smacco per un uomo alfa come Cannavaro che infatti, al termine della disfatta contro i lariani, aveva dichiarato: «Ho comunicato alla società e alla squadra le mie dimissioni. Se non sono riuscito a far capire la differenza tra giocare a calcio e vincere le partite, vuol dire che le responsabilità sono mie e ci metto la faccia».

Ma Vigorito - che con quel nome cognome non può che essere un tipo vigoroso - ha rispedito le dimissioni al mittente e spedito l'intera squadra in ritiro. Tanto punitivo quanto purificatore. Fabio, da uomo d'onore qual è, ha apprezzato, esprimendo una serie di buoni propositi: «Le difficoltà ci sono e vanno superate con il lavoro e con l'attenzione. Dobbiamo rispettare la nostra società e i nostri tifosi a cui non riusciamo a dare la soddisfazione che meritano». E infine: «Considero quello del presidente un gesto di grande fiducia per andare avanti più forti».

Vietato confondere il ritiro con la ritirata.

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