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Il Diavolo e la Signora, i diversamente indebitati fra campo e mercato

Entrambi in mano a ricche realtà (un fondo e gli Agnelli) e con le mani quasi legate negli acquisti

Il Diavolo e la Signora, i diversamente indebitati fra campo e mercato

Sono due colossi del calcio italiano e non solo. E hanno vinto tantissimo, sfidandosi anche in finale di Champions League. Milan e Juventus si ritroveranno di fronte domenica sera al Meazza: all'andata finì 1-1 grazie ai gol di Morata e Rebic, poi le strade intraprese sono state diverse. I rossoneri hanno preso a marciare e, nonostante qualche intoppo, sono ancora lassù inseguendo il sogno tricolore, mentre i bianconeri hanno faticato parecchio a ritrovare la retta via e ancora adesso devono fare i conti con lo scetticismo che ne accompagna ogni prestazione.

Sono colossi sul piano sportivo e non solo, Milan e Juventus. Società economicamente fortissime anche, pur se nell'ultimo periodo obbligate a fare di conto e a tirare la cinghia. Perché, soprattutto in epoca covid, i bilanci vanno tenuti da conto e necessariamente migliorati senza però perdere di vista gli obiettivi sportivi. Vincere, insomma, non può essere un dettaglio per due società del genere, così come l'accesso alla Champions League che garantisce mal contati almeno settanta milioni a stagione. Soldi fondamentali per rimanere competitivi ai massimi livelli, perché la realtà è che nessuna delle due società può al giorno d'oggi permettersi grandi lussi. Intendiamoci: tirare la cinghia è un'altra cosa, ma anche da queste parti bisogna valutare e ponderare bene entrate e uscite.

Ultimo bilancio alla mano, il Diavolo di proprietà dal 2018 della Elliott Management Corporation, società statunitense di gestione degli investimenti ha registrato una perdita di 96,4 milioni di euro, in riduzione di 98,2 milioni rispetto a quella consolidata dell'esercizio precedente e pari a 194,6 milioni. Un bel salto in avanti, che però va confermato mese dopo mese e che non permette alla dirigenza di avere chissà quale margine di manovra sul mercato. Sta ancora peggio la Juventus, posseduta da Exor ovvero la holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia Agnelli: al 30 giugno scorso la perdita consolidata era di 209,9 milioni, in netto peggioramento rispetto al rosso di 89,7 dell'esercizio precedente. Vero che poi è arrivato un aumento di capitale di 400 milioni (255 dei quali sottoscritti dalla stessa Exor), vero anche che preso atto dell'addio del carissimo Ronaldo alla dirigenza è stato fatto ampiamente capire che i tempi dell'opulenza erano terminati. Risultato: prima bisogna contenere i costi e poi mettere mano a operazioni sostenibili. Da lì, la necessità di andare sul mercato con competenza e attenzione, scovando talenti che possano crescere strada facendo e che nel contempo garantiscano un rendimento all'altezza. Maldini e Massara hanno già dimostrato di sapersi destreggiare tra certi paletti mettendo a disposizione di Pioli giovani subito competitivi, come potrebbe rivelarsi anche Japhet Tanganga, difensore centrale classe '99 del Tottenham già finito sul loro taccuino.

La Juve, di suo, è invece ancora alle prese con il «Dybala sì-Dybala no» e con una rosa disomogenea, costosissima e da svecchiare: la strada da fare non manca.

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