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Goggia e & C., fenomeni sempre al limite

Sofia non sarà portabandiera ai Giochi, ma è nella lista dei 118 azzurri

Goggia e & C., fenomeni sempre al limite

Quasi fosse una disciplina sportiva, la corsa contro il tempo mette in palio gare, trofei e successi. Si fa sempre rincorrere, anche per questo il tempo è tiranno. Ne sa qualcosa Sofia Goggia, che adesso vorrebbe dilatare le giornate o almeno fermare i minuti che scorrono. A meno di ventiquattr'ore dalla maledetta caduta in superG a Cortina, ha già cominciato la riabilitazione tra crioterapia e piscina in vista del 15 febbraio, agognata deadline per poter difendere il titolo in discesa ai Giochi Olimpici di Pechino. Sembra un paradosso, ma l'azzurra deve ricominciare in tutta fretta persino dopo una caduta a cento all'ora sull'Olympia delle Tofane. Non sarà la portabandiera dell'Italia durante la cerimonia d'apertura del 4 febbraio (potrebbe toccare alla Moioli), ma per ora resta tra i convocati per Pechino: in tutto gli azzurri saranno 118, di cui 46 donne (il 39 per cento del totale) divisi tra 14 discipline.

Sofia Goggia e l'essenza di tanti sportivi ruotano soprattutto attorno a questa lucida follia, danzano ai confini dell'irrazionalità mettendo coraggio e istinto al primo posto. Armi vincenti e allo stesso tempo pericolose, a maggior ragione se si tratta di sport dove tempo e velocità decollano a braccetto. Nel crudele mondo della MotoGP un altro fuoriclasse, Marc Marquez, da quasi due anni sta lottando contro il destino, sfidandolo nello stesso modo con cui affronta gli avversari. I colpi d'azzardo prima delle frenate, i sorpassi anche quando sembrano impossibili. Per la fretta di rientrare dopo un infortunio, ha spaccato la placca in titanio dell'omero del braccio destro, dando inizio a un calvario ospedaliero che dopo due stagioni ancora si porta dietro: «L'ho fatto per il mio orgoglio, volevo andare più di quanto realmente potevo». Dalla commozione cerebrale rimediata durante un allenamento enduro è passato ai terribili fastidi della diplopia, fino a pronunciare parole quasi inedite per il suo stile, di guida e di vita: «Ci vuole calma. Stavolta prima di tornare su una moto voglio essere sicuro al cento per cento».

Tornano in mente anche le gesta di un combattivo nato come Gilles Villeneuve, in grado di fermarsi solo nell'attimo dell'irreparabile, dopo essersi schiantato a oltre 220 all'ora sul circuito di Zolder a causa del terribile impatto con la McLaren di Jochen Mass. Spregiudicatezza e voglia di vincere, quel pizzico di incoscienza che riempie i tifosi di brividi e adrenalina. Se il tempo si ferma e la rincorsa finisce, anche i campioni più impetuosi sono costretti ad arrendersi. Le storie di ieri su Instagram di Sofia Goggia sono solo in bianco e nero, ritraggono solo momenti di delusione. Non ci sono più i colori, nemmeno il sorriso. Nell'ultimo post si è rimessa in mani ultraterrene: «Se questo è il piano che Dio ha per me, altro non posso fare che spalancare le braccia, accoglierlo e accettarlo. E andare avanti». Parole di speranza, chissà se basteranno.

Mai come stavolta servirebbe più tempo.

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