
Ripensandoci, è come se l'Inter non fosse mai tornata dalla sosta. L'eccezione è la doppia sfida col Bayern Monaco, perché nelle altre 7 partite giocate dal 30 marzo in poi (domani la decima in 32 giorni) le cose brutte sono state molte di più di quelle belle. Intanto, ha sempre preso gol. Ha rischiato con l'Udinese, salvata solo da Sommer; ha perso 2 punti a Parma, e potevano essere 3 se non ci si fosse messa di mezzo una traversa all'ultimo minuto; ha giocato un derby anonimo all'andata e un altro disastroso al ritorno; ha vinto appena 3 volte su 9: con Udinese, Cagliari e appunto in casa del Bayern, più il pareggio con i tedeschi a San Siro, dal forte sapore di vittoria. Poi non ha più segnato, non accadeva dal 2012 (quando furono 5 le partite senza gol, allenatore Ranieri).
Questo per dire che le 3 sconfitte in 8 giorni sono sorprendenti, ma non troppo. L'ultima bella Inter di campionato è quella di Bergamo, a metà marzo, giusto la sera prima della sosta per le nazionali, 0-2 all'Atalanta e Gasp fuori dalla lotta scudetto. Poi punti e gol lasciati qua e là, sempre pensando un po' alla partita da giocare oggi e a quella che arriverà domani. E così le rotazioni, obbligate e limitate anche da infortuni e squalifiche, gli episodi a volte favorevoli (la traversa di Pellegrino) e a volte no, come il rigore non fischiato a Bisseck nel finale contro la Roma. Non un alibi né una spiegazione, ma certo un motivo di rammarico.
Un rigore non è un gol fatto, ma normalmente lo diventa, se calcia Calhanoglu. Anche se a proposito di rimpianti, il più grande e troppo poco ricordato riguarda proprio il play turco, che ha segnato 24 dei 25 rigori calciati con l'Inter, sbagliando proprio quello di novembre, nell'andata contro il Napoli.
L'Europa, quindi, come rifugio dalle tempeste italiane. Oggi l'Inter ha 18 punti in meno di un anno fa, ha segnato 9 gol in meno (72 vs 81) ma in compenso ne ha subiti 15 in più (33 vs 18). Quest'anno invece in Champions l'Inter non ha mai tradito, ha perso solo a Leverkusen, una sconfitta ininfluente e a tempo scaduto. Una bolla per ritrovarsi, ma il tempo sta per scadere. Domani è il giorno. Primo obiettivo, tenere aperta la qualificazione almeno fino alla gara di ritorno, anche per provare a fare il nuovo record di incassi per l'Italia (e poiché i seggiolini non aumentano, è la leva prezzi a fare la differenza).
Obiettivo minimo, ma minimo è il punto in cui l'Inter è precipitata. Potrebbe esserci Thuram, che però non ha ancora fatto un allenamento con la squadra. Fuori Pavard, che rischia anche oltre il ritorno. Probabile che Dumfries parta titolare, anche perché Darmian sembra uno dei più stanchi. Stamane rifinitura alla Pinetina e poi le ultime scelte di Inzaghi.
È concreto il rischio di restare a mani vuote dopo avere sognato di vincere tutto, anzi proprio quella ne è probabilmente la causa principale. Mercato fallimentare (Palacios, 6,5 milioni, fa la riserva nel Monza), organico inadeguato per il triplo impegno (al vertice). Eppure Inzaghi non dispera. Dopo la Roma ha pronunciato finalmente la parola stanchezza, perché quella dell'Inter è una crisi fisica, non mentale. È il carburante che manca nel serbatoio di Lautaro, Barella e compagnia, non certo gli stimoli o le energie nervose.
Col Bayern hanno raschiato il fondo e trovato le risorse per rispondere a una squadra più forte, anche se senza Musiala. L'asticella si alza ancora, col Barcellona dei giovani fenomeni. L'Inter prova a scavalcarla, semmai a passarci sotto: ciò che conta è evitare di sbatterci contro.
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