Calcio

L'autolesionismo di Pioli e il silenzio del club. Milan andato al Diavolo

Il tecnico nel mirino per le scelte, l'ad Furlani defilato e i "parametri" di Maldini già saltati

L'autolesionismo di Pioli e il silenzio del club. Milan andato al Diavolo

Sembra un perfido gioco di prestigio: il Milan campione d'Italia è sparito all'improvviso. Anzi, all'improvviso proprio no, c'è una data e anche un orario preciso: al minuto 85 di Milan-Roma, domenica 8 gennaio, 2 a 0 il risultato gratificante e meno 5 virtuali dal Napoli capolista. Da quel momento è come se qualcuno, a Milanello e a casa Milan, avesse spento la luce girando l'interruttore. Clic. Tutto buio. Le famose idee dell'area tecnica celebrate con lo scudetto, l'ancelottiano Pioli capace di allestire un capolavoro tattico con il 4-2-3-1, le qualità della rosa giovanissima piena di ambizioni e di umiltà, la presenza oltre oceano di una proprietà capace di risanare i conti e passare le consegne a un altro fondo col compito di moltiplicare gli introiti: tutte virtù trasformate in vizi peccaminosi. E dal secondo posto, «siamo dentro i nostri parametri» la definizione di Maldini dopo la batosta con la Lazio, è scivolato al sesto condiviso con l'Atalanta, fuori dalla zona Champions che resta l'obiettivo vitale per il bilancio. Adesso, dopo il derby mai giocato, si è capovolto anche il mondo dei tifosi e della critica.

Il primo ad andare dietro la sbarra è stato Stefano Pioli. Ha cambiato sistema di gioco, l'ha condiviso con il gruppo squadra ma l'ha fatto in modo talmente difensivo da violentarne le virtuose caratteristiche espresse in due anni e mezzo precedenti. Si è difeso a 5 invece che a 3, ha utilizzato Origi per schermare Calhanoglu, inutilmente tra l'altro, ha lasciato Giroud al suo malinconico destino, ha tenuto fuori per un tempo Leao che pure non è brillantissimo (ma l'unica palla gol creata da lui e sciupata da Olivier). Anche per l'utilizzo di Messias e Krunic intermedi lo hanno scorticato vivo. Arrigo Sacchi è stato perentorio: «Ha buttato via tutto quello di buono fatto prima». In parte è così anche se l'ha fatto quale estremo tentativo per frenare una deriva pericolosissima (il numero di gol subiti). Pioli ha cavalcato le paure dei suoi dopo aver provato (contro il Sassuolo) il percorso contrario. Al contrario di molti suoi colleghi, può godere del sostegno dell'area tecnica e della proprietà.

Maldini è rimasto in silenzio, al pari dell'ad Furlani in un giorno in cui hanno parlato soprattutto gli sfottò dei rivali e le feroci accuse dei tifosi rimasti sotto choc per l'improvviso cedimento strutturale. Già perché non è una crisi dalle spiegazioni tradizionali. È un cortocircuito improvviso e totale con prospettive peggiori rispetto al futuro rappresentato venerdì dal Toro in casa e poi martedì successivo dal ritorno in Champions dinanzi al Tottenham di Antonio Conte. C'è il rischio di una paralisi se il black out, come sembra, riguarda muscoli e testa contemporaneamente. Non si vede la lucina in fondo al tunnel. Gli infortunati più recenti (Bennacer e Tomori) restano fuori, i più esperti (Kjaer, Giroud oltre a Ibra) sono in debito di condizione, Tonali - che le ha giocate tutte tranne una - è frastornato e della gemma del calcio-mercato estivo (CDK) si sono perse le tracce. Pioli ha promesso che non tornerà indietro dal 3-5-2.

Che almeno lo corregga in alcuni interpreti.

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