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"L'Italia non è fra le prime 5. Ma è pronta a farle impazzire"

Fantantonio, dal pianto del biscotto 2004 alla finale 2012. "Bene: il Ct non ha lasciato a casa uno come Baggio o... me"

"L'Italia non è fra le prime 5. Ma è pronta a farle impazzire"

Carissimo Antonio Cassano, hai voglia di parlare di calcio e soprattutto di Europei?

«Dai, cominciamo».

Tu hai due precedenti uno opposto dell'altro: il primo amarissimo, il secondo dolcissimo. Da dove cominciamo?

«Da Lisbona 2004, me lo ricordo bene quel torneo. Ho versato le uniche lacrime della mia carriera. Sai perché? Perché avevamo una squadra molto forte, a cominciare dai tre portieri uno più bravo dell'altro, Buffon, Toldo e Peruzzi. Adesso ti rinfresco la memoria. In difesa c'erano Zambrotta, Panucci, Cannavaro e Nesta, a centrocampo Pirlo e Gattuso, davanti Totti, Vieri, Del Piero. Io poi ero in uno stato di forma spettacolare, avevo 21 anni».

E allora perché siete tornati a casa subito?

«Perché alla fine ci fu il famoso biscottone tra Svezia e Danimarca ma la verità è un'altra ed è la seguente: è stato demerito nostro. Con la Svezia ci siamo fatti raggiungere da Ibra, Totti si è fatto squalificare per lo sputo. Così va il calcio. Nel 2006 il gruppo era meno competitivo ma aveva una forza straordinaria, nelle gambe e nella testa e vinse il mondiale a Berlino».

In Polonia invece fu tutta un'altra musica: sei persino riuscito a regalare le uniche giornate di gloria a Mario Balotelli

«Ecco, in quella spedizione ci fu qualcosa di magico. È vero: con l'Inghilterra passammo grazie ai rigori, avemmo un briciolo di fortuna dalla nostra ma poi in semifinale demmo ai tedeschi una rumba clamorosa. Se posso dirlo ora: quella sera ero convinto che avremmo vinto l'Europeo. E sai perché? Avevamo incontrato la Spagna nel girone iniziale e avevamo fatto 1 a 1, senza patirli granché. Loro erano poi reduci dai supplementari e rigori. E invece ci hanno asfaltato. A fine partita sono andato da Xavi e Iniesta che conoscevo, ho stretto loro la mano. Nessun rimpianto, quella notte».

Passiamo all'attualità: dammi la tua griglia di partenza

«Eccola: la Francia è davanti a tutti, ha tre squadre da poter schierare e da ultimo ha preso anche Benzema. Subito dopo c'è l'Inghilterra, attrezzata come non mai, piena di buoni giocatori in tutti i reparti. A seguire ci sono la Spagna, il Belgio e il Portogallo».

E l'Italia?

«Sulla carta, nelle prime cinque, l'Italia non c'è. Questo sulla carta poi il calcio, sul campo, è un'altra storia. Non solo. Tieni conto che all'appello manca ancora la Germania. Come dice Lineker: quando si gioca poi arrivano i tedeschi. E io me li aspetto».

Mancini sostiene che siamo tra le prime quattro però

«Mancini ha fatto un lavoro straordinario. Ha ridato smalto, coraggio e idee di calcio offensivo a una Nazionale che sembrava morta. L'unico limite che intravedo è il seguente: non abbiamo mai affrontato un rivale di rango, a parte l'Olanda messa sotto ad Amsterdam».

Nei 26 convocati c'è qualche conto che non torna?

«Francamente no. Non vedo in giro un Cassano o un Totti o un Baggio rimasto a casa. Mi sarebbe piaciuto vedere all'opera Zaniolo, il ct lo avrebbe schierato da finto centravanti».

Con la tua esperienza passata, che suggerimenti puoi dare agli azzurri di oggi?

«Io sono l'unico che non dovrebbe parlare, ne ho fatti di danni. Dico solo che passando il primo turno, e non dovrebbe essere un problema visto che anche la migliore terza si piazza, la Nazionale può diventare una scheggia impazzita. L'importante è giocare come han fatto fin qui: senza pensieri, con coraggio».

C'è qualcuno su cui punteresti come rivelazione?

«Raspadori. Da due anni mi ha fatto una testa così Checco Palmieri che lo ha scoperto. Lo avevo visto e concluso con un giudizio così così. Invece la maturazione avuta a Sassuolo, grazie a De Zerbi, è stata inaspettata. Può giocare in tutti i ruoli dell'attacco, anche se non ha il piede di Higuain o Benzema ma è scaltro, rapido e fisicamente messo bene».

Ho sentito che sei rimasto ammirato dalla finale di Champions: come mai?

«Guardiola resta per me il miglior allenatore della storia del calcio, il suo allievo prediletto è proprio Tuchel, che ha vinto col Chelsea. Il tedesco gli ha cucito addosso il vestito perfetto per imbrigliarlo. E pensare che da gennaio, quando è arrivato al posto di Lampard, ha tenuto gli stessi calciatori. Quello è il calcio moderno. Noi in Italia invece siamo 30 anni indietro».

In che senso?

«L'ultima squadra degna di lode è stato il Milan di Carlo Ancelotti che vinse nel 2007 ad Atene. Siamo rimasti lì. Perché anche nel 2010, Mourinho vinse con l'Inter ma con un calcio difensivo. Emery è uno che ha vinto 4 Europa league, con lui metto Klopp e Bielsa il mio preferito. Il nostro calcio è vecchio».

C'è stato un ribaltone sulle panchine in serie A

«Guarda l'Inter: con Simone Inzaghi ha preso il sostituto perfetto di Conte perché gioca con lo stesso sistema praticato alla Lazio dove però aveva più qualità. Simone deve stare attento a San Siro, è un giudice severissimo».

Spiazzato dall'addio di Conte?

«Chi vince ha sempre ragione. Conte ha fatto benissimo, ha tenuto unito il gruppo nella tempesta degli stipendi non pagati, ma aveva un solo obiettivo da centrare. L'ha fatto perché la Juve ha sbracato, il Milan ha retto finché ha potuto, l'Atalanta ha fatto il suo. Ma non bisogna dimenticare l'eliminazione dalla Champions. E poi rifletto: se vince e va via dalla Juve, se vince e va via dal Chelsea e ancora dall'Inter, c'è qualcosa che non va».

Alla Juve, alla Roma, al Napoli è arrivato l'usato sicuro

«La Juve ha commesso due errori: la prima volta facendo partire Allegri, la seconda volta riconoscendo l'errore iniziale. Qualcuno ha fatto disastri: e non credo che Paratici sia stato l'unico a commetterli! Spalletti è una garanzia se a Napoli - e mi riferisco a De Laurentiis- lo lasciano lavorare in pace. Se al primo risultato negativo cominciano a chiamare qualche altro allenatore, allora Luciano dura 3 giorni!».

E Mourinho?

«È una sfida molto affascinante. Se Mourinho è quello del primo Chelsea, dell'Inter e del Real Madrid, senti cosa ti dico, può anche vincere lo scudetto a Roma. Se invece Mourinho è l'ultimo, allora rischia grosso perché Roma ti trita! Se sale sulla giostra invece il binomio può risultare perfetto».

Ti sei sorpreso del caso Donnarumma?

«Se ha fatto quel passo è perché ha in tasca un altro contratto: dicono tutti dalla Juve. Ma c'è un altro che mi ha stupito».

Chi?

«Paolo Maldini. Ha dimostrato di avere attributi grandi come mongolfiere. Puoi perdere a zero Donnarumma ma hai dato un segnale al calcio italiano e a quelli che arriveranno nel Milan. Paolo è stato elegantissimo con Donnarumma e non so se altrove il ragazzo riceverà lo stesso trattamento che ha avuto a Milanello».

Sul calcio incombe la crisi da Covid: la SuperLega è stato un tentativo, come se ne esce secondo Cassano?

«Se alcuni club si sono indebitati fino al collo non può essere colpa di Uefa o Fifa.

La via d'uscita è avere idee, scoprire giovani talenti in giro per il mondo».

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