Milan, il pericolo è l'indiavolato Conte

L'ex ct torna in panchina domani contro i rossoneri dopo la convalescenza

Milan, il pericolo è l'indiavolato Conte

Per il Milan in viaggio verso Londra, a caccia di una clamorosa qualificazione ai quarti di Champions league, con il morale preso a martellate dalla sconfitta di Firenze, il vero diavolo è Antonio Conte più che la sagoma grifagna di Kane. Già proprio lui, che da tecnico dell'Inter rifilò più di una sonora bastonata durante il derby, tra campionato e coppa Italia, e che portò in dote ai neroazzurri lo scudetto numero 19, premessa straordinaria per sognare la seconda stella. È lui che turba le notti dei milanisti più dello stesso Tottenham, uscito malconcio dall'ultima di Premier, sconfitta immeritata dopo aver vinto un paio di scontri illustri con Manchester City e Chelsea.

Antonio sta per tornare dopo un forzato periodo di riposo, deciso dai medici e raccomandato da moglie e figlia, che come noi l'hanno visto e trovato provatissimo dopo l'intervento chirurgico alla cistifellea. A San Siro, nella sfida dell'andata, decisa dal volo di Diaz, non fu lo stesso Conte di sempre. Quasi sempre immobile, impossibilitato a muoversi agevolmente per i punti post-operazione, poco istrione e poco direttore dell'orchestra calcistica. Abituato a camminare, davanti alla panchina, su e giù per 18 chilometri a partita, dev'essere stata la sua maggiore tortura vivere in quelle condizioni la partita.

L'ultimo Antonio Conte è anche inseguito dal tormento di importanti decisioni professionali e personali, già prese, e non ancora comunicate. Le lasciò intuire qualche settimana fa, quando dopo la morte di Gianluca Vialli, andò ai microfoni a raccontare il proprio sgomento per quel lutto e a confessare l'intento di tornare a vivere insieme con la famiglia, nel frattempo rimasta a Torino per non sottoporre la figlia Vittoria a continui traslochi e cambi di scuola, amicizie e abitudini. «Ci sarà il tempo per prendere le decisioni giuste per me, per il futuro, per la famiglia» promise precisando che quei ragionamenti non hanno di certo modificato la sua interpretazione del ruolo o della professione («sotto questo aspetto sono un animale» precisò per evitare equivoci).

È l'Italia, dalla prossima estate, il suo futuro professionale e privato. Ed è per questo che han cominciato a circolare ipotesi sulla nuova panchina: c'è chi l'ha candidato a quella della Juve (Cassano, ndr), chi a quella di un ritorno all'Inter, a dispetto dell'interruzione traumatica del rapporto dovuta all'isolamento vissuto nella stagione dello scudetto da parte della proprietà. Nel frattempo domani sera c'è da accoglierlo con un affettuoso applauso coltivando la curiosità di sapere come ha vissuto queste lunghe giornate, a riposo per decreto sanitario, al telefono con Stellini e i suoi collaboratori rimasti a Londra, con i calciatori a cui avrà dedicato ore e ore di lunghe telefonate serali.

Se lo rivedremo ancora saltare e gridare, tornare a camminare su e giù nervosamente davanti alla panchina dello stadio modello del Tottenham, beh allora vorrà dire che è davvero guarito. E che probabilmente il Milan dovrà preoccuparsi più del suo entusiasmo contagioso che degli artigli di Son.

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