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"Il mondo è solo azzurro". Così Arpino lo raccontò ai lettori de il Giornale

La storica notte di Madrid, da Bearzot a Zoff nelle parole del grande scrittore e inviato Giovanni Arpino

"Il mondo è solo azzurro". Così Arpino lo raccontò ai lettori de il Giornale

A quaranta anni dal trionfo di Madrid con l'Italia di Bearzot che alza la coppa del mondo davanti al presidente della Repubblica Sandro Pertini, ripubblichiamo il racconto di Giovanni Arpino, il grande giornalista e scrittore che celebrò l'impresa sulla prima pagina del nostro quotidiano insieme con Indro Montanelli.

Il cielo è azzurro, il mondo è azzurro. Madrid e ogni angolo d'Italia, sono azzurri. Dopo quarantaquattro anni torniamo a conquistare la Coppa, battendo inesorabilmente i tedeschi, «giocandoli» nel finale addirittura a forza di «olè!» gridati dal pubblico per alcuni attimi di alta melina italiana. Un premio enorme per la squadra del grandissimo Bearzot, per una vittoria sulla quale un mese fa nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato.

Abbiamo perso Graziani dopo pochi minuti, abbiamo dovuto rinunciare a un centrocampista indispensabile come Antognoni. Ebbene: nulla ha importato alla «banda azzurra». Ha sfoderato la solita tenacia ed una copertura tattica indispensabile nella circostanza così difficile dal punto di vista manovriero ed emotivo.

Rossi, Tardelli, Altobelli sono gli autori delle reti, ma portano i nomi di tutti i loro compagni, soprattutto portano quello di Bearzot, commissario d'eccezione per forza morale, per capacità di studiare l'avversario, per la passione che sa trasferire nei suoi atleti, in quella che si è dimostrata una vera «famiglia».

Decine di migliaia di persone piangono al «Bernabeu» così come immaginiamo accada in Italia. È festa senza eguali, un autentico tripudio di popolo. Snobbati all'avvio di questo «Mundial», coperti di calunnie che li hanno costretti a trincerarsi in un anomalo ma fruttifero silenzio, gli atleti azzurri hanno tirato fuori dal profondo del cuore e dal segreto di ogni muscolo quella carica che è indispensabile per sostenere ed infine vincere un torneo così massacrante. Come giudicare il primo tempo? Quando si deve rinunciare ad un centrocampista in grado di costruire gioco, ovviamente si soffre, la difesa non può non incorrere in errori o quanto meno in sbavature, fortunatamente non sfruttati dai ruvidi piedi teutonici. Anche le marcature strettissime garantiscono una sicurezza limitata, perché il centrocampo avversario può orchestrare quasi a piacere nella zona mediana altrui. E poi, un rigore fallito, proprio da Cabrini che è il rigorista patentato e il numero uno per la Nazionale dal dischetto. Le streghe sembravano aleggiare sul «Bernabeu», e si sa che nel calcio le streghe, benché impalpabili pesano molto: e strozzano la voce in gola al tifoso più accanito.

Ma la ripresa ha fornito altra musica. I tedeschi ruminavano il loro calcio poderoso, un vero attacco frontale, però gli azzurri cominciavano a guizzare in avanti, a sfuggire alle maglie così tenaci. Finché queste maglie, che sembravano e volevano essere inossidabili, hanno mollato la loro elasticità; e Rossi di rapina, Tardelli e Altobelli su gol altamente manovrati, sono riusciti a domare i belluini avversari, che hanno poi schiumato vano furore agonistico fino alla fine.

Gli azzurri sono campioni. È una squadra che non ha «mostri» quali Pelè. Hanno vinto adeguando il loro collettivo alle esigenze di ogni partita, compresa quest'ultima, hanno infine «toreato» gli avversari con sublime arguzia, da Paolo Rossi agli stoici Gentile, Tardelli, Oriali, agli stilisti impeccabili come Scirea, ai folletti piroettanti come Conti, ad un anziano che merita in proprio, a quarant'anni, la lode forse maggiore: non solo per la capacità in campo, ma per la calma agghiacciante che sfodera quando è ora di confortare i compagni, di amministrare anche il centesimo di secondo. Dino Zoff dunque: ma proseguendo fino al giovanissimo Bergomi, che ha tolto ogni voglia di giocare anche ad un fuoriclasse qual è Rummenigge.

Sul campo, crudamente, con l'ormai proverbiale voglia matta, gli azzurri hanno meritato ogni lode a confusione di tutti i falsi profeti che li trattavano come minorati mentali e atleti finiti.

Grazie Bearzot, grazie azzurri. Per merito vostro non siamo più una tribù dal calcio vile, sbattuto fuori da ogni coppa europea, talvolta umiliato da indimenticabili Coree. Oggi è il trionfo, un trionfo lungo, indimenticabile. Campioni, chi poteva chiedervi di più? Avete dato tutto, fino all'ultimo secondo di un Mundial terrificante. Ne uscite come autentici gladiatori, mai morti e mai rassegnati.

Avete divertito il mondo, Madrid, e la gioia che adesso ci confonde tutti è un debito che sapremo ripagare negli anni.

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