Calcio

Napoli in fuga, big in crisi e le piccole irriverenti. È una serie A democratica

Ma i partenopei da soli non possono ridarci la passata aristocrazia del calcio

Napoli in fuga, big in crisi e le piccole irriverenti. È una serie A democratica

Dicono: è un campionato democratico. Ma in Italia, almeno nel calcio, non siamo fatti per campionati democratici: preferiamo tornei aristocratici. Se Milan, Inter, Juve, mettiamo anche Napoli e Roma, non tengono botta manca il sale ed anche il pepe. Poi, certo, se vedi vincere il Cagliari o il Verona, la Sampdoria, perfino la Lazio ancien regime delle baruffe chinagliesche, c'è il tanto per divertirsi. Quest'anno ci salva il Napoli che ha due giocatori di eccellenza (Osimhen e Kvaradona) e diffonde buon gioco. Buon gioco significa giocar bene ma con risultati. Perché se il buon gioco è quello di Sarri che, al momento top, si fa incartare dall'Allegri del muso corto, allora tanto di cappello al tecnico della Juve e tanti saluti al blaterare inutile.

Comunque prendiamo per valida l'idea di una stagione democratica dove il Napoli tornerà allo scudetto a distanza di 33 anni e, soprattutto, senza più il Genio che illuminò quelle stagioni. E qui sta il seme della democrazia calcistica: vincere senza geni. Valore al merito, ma che dire degli sprofondi più o meno immaginabili di Milan e Juve e del solito essere o non essere dell'Inter? Godiamoci l'ultimo vero big match che abbia un valore seppur minimo: la semifinale di coppa Italia fra Juve e Inter. Mentre dall'altra parte toccherà a Cremonese e Fiorentina: l'Atalanta, negli ultimi anni, era già su altri livelli. Ora la Cremonese è una bella sorpresa (solo di coppa), come il Monza in campionato e diverse formazioni nei tempi passati. Ma il divertimento si ferma qui. Evviva per quell'attimo. E comunque buon per Juve e Inter che, tra coppe (europee) e coppette nostrane, potranno salvaguardare la stagione. Fra l'altro la statistica racconta che Juve (1938), Inter (1939) e Fiorentina (1940) vinsero la prima loro coppa nazionale in una sorta di fila indiana stagionale. Ora rieccole all'ultima spiaggia. Insomma qui la democrazia rischia di illuminare le nostre mediocrità, più che la bellezza dell'abbiamo un sogno. I sogni durano lo spazio di una notte e il nostro pallone necessita di grandeur. Servirebbe pure alla nazionale: sennò difficile risorgere. Nel passato di tanto in tanto si è parlato di campionato democratico: per restare negli ultimi 25 anni puntiamo sul 98-99, oppure sul 2015. Poi vinsero Milan e Juve e dietro i club che lo avevano reso democratico. Stavolta tocca al Napoli, e dietro le big ad effetto democratico. Nel settembre 2021, il De Laurentiis presidente del Napoli raccontò al Daily Mail la sua idea di campionato democratico, per evitare di ritrovarsi con pubblico disamorato come sta accadendo. Il concetto non era molto diverso dall'idea di Superlega, che ha scandalizzato l'Uefa. Ma, allora, Adl pensava ad ingressi per meriti. La serie A sta dimostrando che c'è merito e merito e il calcio vincente ha bisogno di qualcosa in più: calciatori forti non solo di nome, scelte da talent scout e spendere bene senza sperperare. Il paragone con le milionate buttate dalla Premier non regge da tempo. Morale: godiamoci la carica della provincia, brindiamo con le coppette.

Ma il Napoli risvegli l'aristocrazia.

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