Sinner da caso nazionale a numero 4 del mondo. Nella storia come Panatta

Travolge Alcaraz e vola in finale a Pechino oggi contro Medvedev. Dopo 47 anni eguagliato il record di Adriano

Sinner da caso nazionale a numero 4 del mondo. Nella storia come Panatta
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Numero 4. È quello magico del nostro tennis, che sembrava essere irraggiungibile per chiunque dopo Panatta, nel buio che è stato per alcuni decenni il nostro personale circuito di racchette. Numero 4, è quello che da lunedì sarà Jannik Sinner, «e finalmente - aveva detto Adriano recentemente - non vedo l'ora che accada, così la finiamo con questa storia e non devo più rispondere a domande sul tema. Non sono eterno». È successo, ieri, a Pechino. E Panatta l'ha applaudito: «Sinner ha preso proprio a pallate Alcaraz. Non ci crederete ma sono molto contento».

Numero 4: e adesso come lo trattiamo Jannik Sinner «caso nazionale», dopo tutto quello che gli hanno scritto contro per aver saltato la Davis a Bologna? Una campagna mediatica causata anche dal suo errore di comunicazione (prima un «ci sarò» dopo aver perso a New York, poi un «sono troppo stanco»), ma che è andata sopra, e ben oltre, le righe. Da ieri, tranquilli, Sinner è tornato fenomeno, più italiano che tedesco, e di sicuro - almeno questo - una preoccupazione continua per Carlos Alcaraz, lui predestinato di diritto e già numero uno del mondo e ora numero due, che però quando trova Jannik dall'altra parte della rete sa sempre che sarà una giornata difficile. E ieri, in più, è stata proprio brutta, con lo spagnolo annichilito dopo una partenza equilibrata e quasi scomparso una volta perso al tie break il primo set. Alla fine è stato 7-6, 6-1, non c'è altro da dire, anche se Sinner dirà che il punteggio è stato bugiardo, Chapeau.

Numero 4: sì, è vero, c'è stato anche Nicola Pietrangeli numero 3, ma allora (anni 1959 e 1960) il ranking non era ufficiale e certificato. Ora invece comincia nel tennis l'era del «dopo Sinner» che interrompe all'anno 47 il calendario del «dopo Panatta». «E a me - ha detto anche l'idolo della gioventù Anni Settanta - di quel numero non mi è mai importato molto: è stato meglio essere il numero uno della terra rossa, nel 1976, sulla superficie dove sono nato e cresciuto». Erano altri tempi, ovvio, ed è anche difficile paragonare quello che è stato con quello che abbiamo ora: il romano giocava e vinceva in piena Dolce Vita tennistica, il ragazzo di San Candido è nato per colpir palline, e questo è solo il primo dei suoi traguardi dichiarati. Nell'attesa, comincia a collezionare record: con quello di ieri diventa il primo avversario a riuscire a battere Alcaraz quattro volte, e nel 2023 approda alla quinta finale andando a caccia del terzo titolo. Un anno quasi perfetto, se è vero che il suo obbiettivo di fine stagione (ecco perché poi il «no» al girone Davis di Bologna) era arrivare in fondo in questi tornei asiatici -, il Master 500 di Pechino, appunto, e il 1000 di Shanghai che comincia oggi - per avere la sicurezza di qualificarsi alle Atp Finals di Torino, e poi chissà. Egoista? Certo: è quello che sono i campioni.

Numero 4, il resto arriverà, c'è sempre da migliorare, soprattutto nei 15 giorni di uno Slam. Ma per adesso che importa, «è stata una delle mie migliori partite di sempre, quando ci incontriamo è sempre dura e cerchiamo di andare verso i nostri limiti. Sono molto contento».

Lo siamo tutti, perché non è finita qui. Oggi, alle 13.30 (diretta su Supertennis), c'è per esempio la finale contro Medvedev, uno che Sinner non ha mai battuto. Ma comunque vada, questa è un'altra storia. La prima di una nuova era.

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